Viaggio nella sostenibilità: lo stabilimento Sc Johnson che produce Pronto, Viavà e Baygon
Può essere ecologico un impianto per la chimica domestica? Ecco come
Può essere definito “ecologico” lo stabilimento che produce l’appretto Stira-e-ammira, lo smacchiatore Viavà e l’insetticida Raid? (“Li ammazza stecchiti”)? Prodotti senz’altro utili e popolari, ma a prima vista non così green. La chimica domestica, quella che usiamo tutti i giorni, è in effetti in bilico sul confine della sostenibilità, e gli ecologisti più intransigenti ci tengono a dimostrare che con l’olio di gomito si può avere una casa splendente anche senza ricorrere alla chimica di sintesi.
Invece, alla Sc Johnson si sono impegnati a fondo per rendere sostenibile la loro attività e, almeno per quanto riguarda lo stabilimento europeo, ci sono riusciti. Un impegno forte non solamente perché l’Europa è un mercato molto più esigente di altri, ma anche perché l’idea di trasformare in pratica i principi della sostenibilità parte dalla casamadre della Sc Johnson, nel Wisconsin.
Prima di raccontare il percorso verde dell’impianto di Mijdecht, è però utile fornire un ritratto veloce della multinazionale.
La Sc Johnson non va confusa con altre società della detergenza con il nome simile. Fino a pochi anni fa era nota come Johnson Wax, perché la prima produzione era di cere per la casa. È una multinazionale Usa nata nell’Ottocento, e di padre in figlio ora è in mano alla quinta generazione. Non a caso il marchio completo aggiunge, oltre al nome Sc Johnson, anche la locuzione “a family company”. In tre sensi: è una società i cui prodotti si usano in famiglia, è una società i cui prodotti sono ormai famigliari, e soprattutto ha ancora la classica struttura di azienda di famiglia, con le “catene” di controllo brevi fra il “capintesta” e l’ultimo dei magazzinieri. E dell’azienda di famiglia ha alcune caratteristiche: per esempio, la Sc Johnson non ama parlare o far parlare di sé; è la classica impresa come mille e mille i cui dirigenti ripetono: “Noi ci facciamo giudicare attraverso i nostri prodotti”. E che prodotti: tutti sono nello scaffale di ogni famiglia. La cera per mobili Pronto (“Pledge” nei mercati internazionali). I detergenti della gamma Mr Muscolo (“Mr Muscle”). L’Anitra Wc (“Duck”). I deodoranti Oust e Glade (che all’esordio in Italia si chiamava Gled, scritto come si pronuncia da noi, così come un’altra casa faceva negli anni ’70 con il dentifricio Ultrabright italianizzato in Ultrabrait). Il Bioshout “lo scioglimacchia”. I già citati Stira-e-ammira, Viavà e Raid e - rimanendo nel campo degli animaletti importuni - anche il Baygon e l’Autan (acquistati dalla Bayer nel 2003).
Lo stabilimento principale della Sc Johnson in Europa è a Mijdrecht, in Olanda tra Amsterdam e Utrecht, in una pianura così bassa che, se il mare allagasse i polder (non sia mai!), l’acqua arriverebbe al secondo piano. Da qui, da Mijdrecht, partono le bombolette e i flaconi per mezzo mondo. Altri stabilimenti minori sono in Germania (3) e Polonia (1).
La fabbrica nacque negli anni ’50, quando il rappresentante olandese della Johnson Wax-Sc Johnson in Olanda, Ignassy Teriaak, aprì qui il magazzino di distribuzione della Holland Java Company; con i decenni l’impianto è diventato un polo importantissimo della società Usa: e come primo atto simbolico l’azienda - appena comprata la sede - affidò al più importante architetto olandese, Maaskant, il compito di creare la palazzina uffici più avveniristica al mondo, il Boomerang, una palafitta di cemento armato sopra un laghetto, che indica anche il livello del mare, molto più in alto di quello del suolo. Oggi il Boomerang è monumento nazionale. Alle spalle dell’insediamento è nato un polo dell’indotto, come la Crown che produce le bombolette vuote (collegata alla Sc Johnson con una ferrovia lunga duecento metri che va dal magazzino dell’una al magazzino dell’altra azienda) e la fabbrica dei flaconi di plastica. L’impianto Sc Johnson di Mijdrecht è soprattutto di miscelazione e confezionamento, perché le materie prime vengono in gran parte da altri stabilimenti, e non vi si svolgono reazioni chimiche.
E l’ecologia? L’impegno ambientale comincia nelle parole d’ordine che l’azienda si è data attraverso uno disegnino in stile anni ’80 che chiamano “La bussola della sostenibilità” e che schematizza le parole chiave: prodotti vincenti, meno rifiuti, impatto minore, migliore qualità della vita. Il vagoncino navetta che collega la fabbrica al produttore di lattine e bombolette ne è un’applicazione pratica. Un’altra è il parco attorno allo stabilimento, nel quale c’è anche la tomba discreta e meditativa di un partigiano olandese lì fucilato dai tedeschi nel ’44. Parco nel quale ogni dirigente deve piantare un albero a lui intitolato, nel quale la legna tagliata viene accatastata e lasciata per anni affinché gli insetti possano moltiplicarvisi, nel quale le arnie popolatissime d’api vanno a impollinare le colture dei dintorni – e alle spalle delle arnie, il muro dello stabilimento nel quale giacciono tonnellate di Raid sterminatore d’insetti: contraddizioni della vita.
Ci sono mille e mille attenzioni a ridurre l’impatto della produzione e del prodotto. Per esempio, si studia il risciacquo delle cisterne chimiche in modo tale da evitare di mandare in giro veleni. Si ricicla tutto il riciclabile per arrivare a zero discarica. Le bombolette (quelle del Pronto e dei mille altri prodotti) non contengono propellenti dannosi per l’ambiente ma semplice e trasparentissima aria compressa.
Ma l’aspetto ambientale più appariscente all’esterno è quello dell’energia: non tanto il pannello fotovoltaico, più che altro simbolico, ma la grande torre eolica alta 80 metri sulla quale c’è un generatore da tre megawatt che rifornisce di corrente tutto lo stabilimento. Il mulino a vento d’acciaio e materiale composito vortica sempre, notte e giorno, le pale spinte dal vento costante del Mare del Nord. Emissioni zero.