Addio Putin. Meloni ha incontrato Netanyahu e ora punta anche sul gas israeliano
Greenpeace: la premier smetta di rincorrere il gas israeliano e cominci a investire in rinnovabili. In discussione i nuovi arrivi da GNL e gasdotto Eastmed
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nel corso dell’incontro avvenuto nei giorni scorsi, di una fornitura all’Italia di gas naturale nell’idea di far diventare il nostro Paese un hub del gas nel Mediterraneo. E lo stesso premier israeliano – stretto in patria dalle proteste contro la famigerata riforma della giustizia - non si è sottratto dicendo che vorrebbe “accelerare le esportazioni di gas verso l'Europa attraverso l'Italia. Ora c'è la partecipazione dell'Eni nel nostro progetto (Eastmed ndr), ma riteniamo di poterle portare ad un livello ancora superiore".
La sete di gas di Meloni
Non ci sta Greenpeace. “La scelta di Meloni di includere il gas tra i temi dell’incontro con Netanyahu testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima. Il gasdotto EastMed, che dovrebbe collegare Israele con l’Italia, fa comodo soltanto ai colossi del gas e del petrolio come ENI, che continuano a fare extra-profitti mentre le persone faticano a pagare le bollette”, dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il governo Italiano smetta di cercare altro gas e assecondare le lobby fossili che aggravano l’emergenza climatica per investire in rinnovabili ed efficienza energetica”.
Il rischio del GasMed
Esistono solo due possibilità per portare gas in Italia da Israele: tramite GNL, cioè nuovi rigassificatori, o attraverso la costruzione del gasdotto Eastmed, un progetto che minaccia il clima e rischia di scatenare nuovi conflitti, come denuncia un rapporto pubblicato pochi giorni fa da Greenpeace Italia. Il progetto prevede circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, a una profondità che in alcuni tratti arriverebbe a tremila metri, per poi collegarsi al tratto offshore del gasdotto Poseidon, lungo altri 210 chilometri, dalla Grecia fino a Otranto. “Attraversando aree marittime contese in una regione già segnata da forti tensioni e conflitti, il gasdotto EastMed aumenterebbe la militarizzazione del Mediterraneo orientale e il rischio di uno scontro armato, in netto contrasto con il principio europeo della promozione della pace - dichiara Sofia Basso, research campaigner Climate for Peace di Greenpeace Italia -. Il progetto EastMed causerebbe inoltre gravi danni alla biodiversità marina".