Allarme carburanti, in Italia oltre 1.300 distributori in più un anno, nonostante il Covid
I gestori presentano il modello per una rete razionale che possa battere i fuorilegge e dare un futuro al settore. A fine ottobre ci sono 1.345 punti vendita in più rispetto a un anno fa
A ottobre sono 23.805 i punti vendita di carburanti, contro i 22.460 di un anno fa: 1.345 i punti vendita in più, solo negli ultimi 12 mesi e nonostante il Covid-19, la giungla inestricabile e incontrollabile di marchi esposti al pubblico (237) e di soggetti di ogni risma. L’erogato medio annuo per impianto in Italia è di 1.367mila litri, contro i 3.460mila in Germania, i 3.912mila in Francia e i 4.155mila in Gran Bretagna. L’allarme, tanto più degno di maggior attenzione se si pensa al crollo della domanda di carburanti legata al Covid, è espresso in una nota congiunta di Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio, che ricorda i 40 anni di interventi legislativi per tentare di razionalizzare la rete distributiva dei carburanti. Liberalizzazioni e “aperture” del Mercato hanno fallito miseramente, con il risultato che gli impianti continuano ad aumentare, il ritorno economico degli operatori onesti si assottiglia e i criminali fanno affari d’oro.
Il peso della criminalità
Secondo il Procuratore di Trento, il Dottor Raimondi, audito in Parlamento il 5/11/2019, “nella distribuzione carburanti c’è un ingresso incontrollato di soggetti. Il traffico illecito di prodotti petroliferi ha assunto una rilevanza estremamente pesante e pericolosa anche per il controllo da parte della criminalità organizzata. Il 30% del venduto sfugge all’imposizione fiscale, per un valore di circa 10-12 miliardi di euro.”
Secondo il MEF, già nel 2016 oltre 5.000 impianti dichiaravano di aver venduto meno di 300mila litri, impianti i cui proprietari, nella stragrande maggioranza dei casi, continuano a non chiudere nonostante la loro insostenibilità economica, con ogni evidenza conclamata se quanto ufficialmente dichiarato corrispondesse al vero.
Modello di riforma
Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio, pur essendo letteralmente l’ultimo anello della filiera, hanno deciso di assumere l’iniziativa e hanno presentato il loro modello di riforma per una rete più efficiente e razionale. Obiettivi dichiarati del modello: imporre a compagnie e retisti la chiusura di 10.000 impianti inefficienti (sotto i 600mila litri dichiarati, senza attività integrative, abbandonati dal Gestore), + 150 in autostrada, tra il 2021 ed il 2023, per ottenere una rete più snella, favorire i controlli degli organi ispettivi ed aumentare l’indice di produttività per impianto. Di conseguenza, restituire alla collettività almeno 8 miliardi di euro di gettito erariale evaso e almeno 1,4 miliardi al mercato ad agli operatori onesti; ricostruire un sistema regolatorio certo, favorire il rientro delle multinazionali; attirare nuovi investimenti da dedicare alla modernizzazione della rete in coerenza con una mobilità sostenibile sul piano ambientale e con l’attuale fase di transizione energetica. Strumenti essenziali del modello: il Fondo Pubblico a cui i proprietari debbono conferire gli impianti da portare in chiusura, per garantire trasparenza, effettivo smantellamento ed il relativo rispetto dei tempi e degli standard legislativi per la bonifica ambientale; il Durn carburanti con il quale i proprietari degli impianti debbono certificare di non aver pendenze con la Giustizia e di aver pienamente rispettato le leggi speciali di settore.