Gasdotti. Francia contro Germania sul Nord Stream 2, dubbi sulla sicurezza energetica Ue
Il tema, dicono da Parigi i ministri Le Drian e Beaune, riguarda le sfide legate alla sovranità energetica europea. Gli interessi dell’Est Europa e quelli italiani
È scontro tra Francia e Germania sul progetto di gasdotto Nord Stream 2. Per Parigi in ballo c’è soprattutto la "sicurezza energetica dell'Europa": lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, a radio Europe 1. Lunedì scorso, il segretario di Stato francese agli Affari europei Clément Beaune aveva chiesto a Berlino di congelare il progetto russo in reazione al trattamento riservato all'oppositore Alexey Navalny. Oggi è arrivata la precisazione di Le Drian. "Non bisogna confondere i temi. Con i tedeschi abbiamo una discussione sul Nord Stream, che riguarda essenzialmente le sfide legate alla sovranità energetica europea” - ha chiarito il capo del Quai d'Orsay, il quale ha aggiunto che quella in corso con i tedeschi sulla sicurezza energetica dell'Europa è una "discussione serena, legale e franca".
Il gasdotto della discordia
La costruzione del gasdotto Nord Stream 2 è iniziata in Germania nel maggio 2018. L’accordo sul finanziamento del progetto è stato firmato con Engie (Francia), Omv (Austria), Royal Dutch Shell (Regno Unito-Paesi Bassi), Uniper e Wintershall (Germania). Se completato, il gasdotto Nord Stream 2 fornirà circa 55 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno dalla Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, aggirando Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, gli Stati baltici e l’Ucraina.
La posizione di Putin
Intanto solo un anno fa, nel gennaio 2020, è stato inaugurato il gasdotto Turkstream, che porterà il gas russo in Turchia e in Europa. A presenziare c’erano il presidente turco Tayyip Erdogan e quello russo Vladimir Putin. Il gasdotto, la cui costruzione era iniziata nel 2017, sarà in grado di trasportare ogni anno 31,5 miliardi di metri cubi di gas ai turchi e ai Paesi dell’Europa Sud-orientale. La pipeline che si estende dalla città meridionale russa Anapa al villaggio turco di Kıyıköy, a 100 chilometri da Istanbul, già dalla scorsa settimana ha iniziato a rifornire la Bulgaria e a breve raggiungerà anche Ungheria e Serbia. L’infrastruttura è simbolo anche del notevole riavvicinamento tra i due Paesi, dopo la grave crisi diplomatica del 2015. Durante la cerimonia, Erdogan ha parlato dell’apertura del gasdotto come di un evento storico per le relazioni turco-russe
Il peso degli Stati Uniti
L’ex presidente americano Donald Trump guardava con forte sospetto al raddoppio del Nord Stream. Nel 2018, infatti, dei circa 200 miliardi di metri cubi di gas esportati dalla Russia verso l’Europa, quasi 60 erano destinati solamente a Berlino. Da qualche anno, inoltre, gli USA stanno anche cercando di erodere alcune quote di mercato russo, inviando in Europa navi cariche di shale gas. È anche per questo, quindi, che a dicembre 2019 il presidente Trump ha predisposto un pacchetto di sanzioni contro le società impegnate nella costruzione del gasdotto costringendole, di fatto, a bloccarne la realizzazione.
Il no dei Paesi del gruppo di Visegrad
Contrari alla realizzazione del Nord Stream sono anche i paesi appartenenti al “Blocco di Visegrad”, ovvero Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia. Paesi che, nei primi tre casi, hanno una dipendenza dei consumi interni dalle importazioni russe che si attesta tra l’80% e il 90% ma, soprattutto, paesi che, qualora Mosca decidesse di convogliare su Nord Stream buona parte del gas che oggi viene trasportato in Europa, perderebbero gli elevati introiti derivanti dai diritti di transito pagati da Gazprom.
E l’Italia cosa pensa?
Tutti d’accordo nel tempo: il gasdotto non s’ha da fare. Ai tempi dell’alleanza giallo-verde il primo Governo Conte si oppose in sede Ue al Nord Stream 2. Un atto che era già stato minacciato da Matteo Renzi quando era premier, alla luce del fatto che l’Italia vorrebbe invece diventare un hub energetico nel Mediterraneo e invece si trova esclusa. Era contrario anche Matteo Salvini, più vicino alle posizioni di Stati Uniti e Polonia, principali oppositori del Nord Stream. Fino a pochi mesi fa anche il Conte 2 si opponeva, per la preoccupazione che l’instradamento del gas russo attraverso la Germania anziché l’Ucraina potesse rafforzare il peso di Berlino nell’Unione europea.
L’import di gas in Italia
Le importazioni di gas in Italia nel 2019 hanno raggiunto i 70,9 miliardi di metri cubi, in aumento del 4,5% rispetto al 2018. Con l’eccezione dei volumi provenienti dall’Algeria, che sono diminuiti del 25,6% rispetto al 2018, sono cresciute le importazioni da tutti gli altri paesi da cui l’Italia acquista il gas. Il gas che è venuto a mancare dall’Algeria (4,6 miliardi di metri cubi) è stato più che compensato dai più elevati volumi provenienti dagli altri tradizionali paesi da cui l’Italia importa il gas. Infatti, nel 2019 abbiamo importato 3 miliardi di metri cubi in più dalla Norvegia, 1,2 in più dalla Libia, 0,5 in più dall’Olanda e 0,2 in più dalla Russia; sono inoltre aumentati di circa 2,7 miliardi di metri cubi (cioè del 125%) i volumi provenienti dalle altre zone (significativi i carichi di GNL provenienti da Trinidad & Tobago, per 1,4 miliardi di metri cubi, e 1,6 miliardi di metri cubi dagli Stati Uniti, consegnati presso il terminale di Livorno). Nel 2019, quindi, il peso della Russia tra i paesi che esportano in Italia è leggermente diminuito al 46% (era al 47,7% nel 2018), mentre la quota dell’Algeria è scesa dal 26,5% al 18,8%. Il terzo paese per importanza è il Qatar, da cui arriva il 9,2% del gas complessivamente importato in Italia (9,6% nel 2018), seguito dalla Norvegia, la cui quota è all’8,7% e dalla Libia all’8%.