Robin Tax, ecco come è nata e cosa dicevano i petrolieri
Introdotta dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, doveva essere destinata al finanziamento della social card per le famiglie indigenti
Demagogica, punitiva, indiscriminata, inutile. Sono aIcuni degli aggettivi che i petrolieri usarono, nel giugno del 2008, per definire l'addizionale Ires sugli extraprofitti delle società energetiche, quando apparve chiaro che il governo Berlusconi, e in particolare il suo ministro dell'Economia Giulio Tremonti, l’avrebbero introdotta sull'onda dei record del prezzo del petrolio e, quindi, dei carburanti.
Ma per Tremonti quella che passerà alla storia con il nome di Robin Hood tax (l'obiettivo è togliere ai ricchi per trovare risorse da destinare al sociale, in particolare alla social card) era una “tassa bellissima”, con la quale si tassano “un po' di più i petrolieri per dare un po' di più a chi ha bisogno, appunto burro, pane e pasta che sono le vere emergenze del momento”. E pazienza se qualcuno, come i Moratti, se ne lamentarono con decisione: “Vorrà dire che ridurranno l'ingaggio a Mourinho, tanto l'Inter è sempre forte'', replicò il ministro.
E così, il 25 giugno, venne emanato il decreto legge che istituiva la supertassa, convertito poi in legge il 6 agosto successivo: l'addizionale prevista era del 5,5% e si applicava sulle aziende che nel periodo di imposta precedente avessero raggiunto un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro.
L'anno successivo l'aliquota fu portata al 6,5%, per raggiungere il 10% nel 2011, con alcune ulteriori e sostanziali modifiche: il tetto dei ricavi fu abbassato a 10 milioni di euro e vennero inseriti anche il settore delle rinnovabili e dei servizi a rete (in sostanza, Terna e Snam).
Secondo la Relazione dell'Autorità, il gettito del 2011 è stato di 1.457 milioni di euro (+930 milioni), di cui 1.250 milioni provenienti dal settore energia elettrica e gas. A pagare di più sono state le società del gruppo Enel, con 312 milioni dovuti dalla sola Enel Distribuzione.