Tap: il sindaco di Melendugno chiede lo stop ai lavori nel cantiere
Il primo cittadino Marco Potì ha reso nota la sua richiesta dopo la notifica di sedici avvisi di conclusione delle indagini preliminari ai vertici di Tap e a diversi titolari delle ditte subappaltatrici
"Le autorità competenti interrompano le attività di Tap al cantiere San Basilio e il ministero dello Sviluppo revochi in autotutela le autorizzazioni in variante concesse senza il rispetto delle dovute procedure o rilasciate tralasciando la presenza del vincoli di legge": lo chiede il sindaco di Melendugno, Marco Potì (nella foto), dopo la notifica di sedici avvisi di conclusione delle indagini preliminari ai vertici di Tap e a diversi titolari delle ditte subappaltatrici, a causa dei presunti illeciti commessi nella realizzazione del gasdotto che approdera in Salento.
Considerato che un capo d'imputazione riguarda l'inquinamento causato dai lavori effettuati dal cantiere di San Basilio, il primo cittadino definisce "giustificato il contenuto dell'ordinanza sindacale che vietava l'emungimento di acqua dalla falda di San Basilio e sospendeva precauzionalmente i lavori del sovrastante cantiere Tap per probabili interazioni con l'inquinamento delle acque sotterranee". "Alla luce delle conclusioni delle indagini - dice Poti - si chiede alle autorità competenti di intervenire interrompendo le attività di Tap al cantiere di San Basilio, per non incorrere in nuove situazioni di pericolo per l'ambiente e la salute pubblica". Altra questione riguarda la località Le Paesane, dove le irregolarità riguarderebbero l'espianto di ulivi in area sottoposta a vincoli paesaggistici e ambientali:"nessuno può realizzare opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza le dovute autorizzazioni. Chi lo fa commette un reato e le opere sono considerate abusive e non sanabili", dice il sindaco. Alla luce di quanto emerso dall'inchiesta della Procura di Lecce, il primo cittadino chiede al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai ministri dell'Ambiente e per il Sud, Sergio Costa e Barbara Lezzi, di prendere "le distanze da una società accusata di commettere reati e di violare ripetutamente la legge dello Stato italiano: non diano copertura o emanino atti volti a superare le decine di criticità evidenziate e ritirino la protezione da parte delle forze dell'ordine verso una società privata su cui ci sono dubbi di legalità".