Tempi duri. Dopo Gaza e il sabotaggio sul Baltico ecco la cronaca delle tensioni sul mercato oil&gas
Bloccata la produzione del giacimento offshore di Tamar al largo di Israele mentre Helsinki ipotizza un sabotaggio
La guerra a Gaza, ma anche il misterioso calo di pressione della tubatura del Baltico in terra finlandese, hanno alimentato nuove incertezze di un sempre più nervoso mercato energetico globale. Tel Aviv, in via precauzionale, ha già bloccato la produzione del giacimento offshore di Tamar, a una ventina di chilometri al largo di Ashdod, una città posizionata sulla costa meridionale di Israele, ed Helsinki, in attesa di conclusioni più certe sull’accaduto, parla di danno al gasdotto verso l’Estonia e al cavo di comunicazione “come risultato di un'attività esterna”. Ma quello che è certo è che ad Amsterdam le quotazioni del metano sono arrivate a sfiorare quota 50 euro per megawattora. In una settimana ha guadagnato 12 punti.
Qui Gaza, qui Tel Aviv
Con il Medio-Oriente in fiamme non era difficile da prevedere uno scenario di tensione: il prezzo del gas in Europa aveva già preso a correre a giugno in scia ai timori per lo stop deciso da Israele al giacimento offshore Tamar, di proprietà di Chevron, che esporta gas verso l'Egitto e la Giordania e alimenta i consumi domestici di Israele. La fermata del maxigiacimento rischia di avere ripercussioni sull'export del gas naturale liquefatto egiziano in Europa, che il Cairo auspicava di riprendere a ottobre dopo lo stop estivo. E non sono da sottovalutare neppure i possibili sviluppi del controllo di Leviathan, “il giacimento al largo di Gaza che corre fino a nord tra Cipro e il Libano, quest’ultimo a sud sotto controllo di Hezbollah”, ha ricordato Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli. Leviathan ha autonomia di produzione a gas metano per oltre 50 anni.
Qui Helsinki
Proprio nelle stesse ore in cui la Finlandia parla di «un deliberato atto di sabotaggio» al gasdotto Baltic Connector. Eppure secondo i finlandesi, qualcosa non torna. L'indagine che la Finlandia sta conducendo su una perdita di gas registrata da un gasdotto sottomarino che la collega con l'Estonia, il Baltic Connector, sta procedendo sul presupposto che si sia trattato di un deliberato atto di sabotaggio. Il premier Petteri Orpo ha detto in conferenza stampa: “In una situazione politica mondiale incerta, come primo ministro ritengo molto importante che il governo resti in stato di allerta”. Intanto il presidente filandese Sauli Niinistö ha confermato: “È probabile che il danno al gasdotto e al cavo di comunicazione sia il risultato di un'attività esterna”.
Qui Amsterdam
In scia ai sospetti finlandesi il mercato TTF di Amsterdam accelera immediatamente il prezzo del gas in Europa. I future Ttf balzano sul mercato di Amsterdam del 12% a 49,31 euro al megawattora, con il guasto che riaccende i timori sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche in Europa, a poco più di un anno di distanza dall'esplosione che ha danneggiato il Nord Stream.
Qui Tabarelli
La situazione energetica europea e italiana per ora è sotto controllo ma potrebbe diventare "molto pericolosa" nel caso il conflitto si dovesse allargare. Lo afferma all'AGI il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, interpellato sul rialzo dei prezzi di petrolio e gas a seguito della guerra tra Israele e Hamas.
Lo scenario peggiore sarebbe quello di una doppia carenza di forniture energetiche, dalla Russia e dal Medio Oriente che metterebbe l'Europa in grandissima difficoltà e farebbe schizzare i prezzi dell'energia e con essi anche l'inflazione. "Sarebbe uno scenario orrendo perché l'Algeria che oggi è il nostro primo fornitore di gas ha espresso una posizione ben precisa a favore di Hamas. Questo non vuol dire che noi dobbiamo interrompere le forniture ma dimostra come la situazione non sia così allegra", sottolinea Tabarelli.
"La Russia e l'Arabia Saudita si sono messe d'accordo per fare insieme un taglio alla produzione di petrolio e risollevare le quotazioni che sono arrivate a 95 dollari al barile per poi scendere a 82 dollari la scorsa settimana mentre adesso sono tornate a 86 dollari con lo scoppio di questa crisi", evidenzia l'esperto.
Al momento la situazione è tranquilla. "Per il petrolio è relativamente sotto controllo. In realtà come già accaduto in altre situazioni, dovrebbe essere una crisi limitata a Gaza e non allargarsi ad altri paesi. Oggi i prezzi del greggio sono aumentati di 3 dollari al barile ma la settimana scorsa erano scesi di 10 dollari pertanto l'effetto netto è sempre -7. Per questo non dobbiamo preoccuparci più di tanto, almeno per il momento", sottolinea il presidente di Nomisma Energia.
"Anche il prezzo del gas sta salendo, è sopra 40 euro al megawattora, eravamo già a 36 euro, siamo un 10% in più. È niente rispetto a quello che potrebbe accadere se diventasse una crisi tipo quella del 1973 dello Yom Kippur. A differenza di allora, in questo momento i paesi produttori sono dalla nostra parte non sono ostili come allora. Diverso se Iran e Qatar spingessero per un allargamento del conflitto. Sarebbe un problema, con ipotesi estreme di interruzione dei flussi di esportazione dal Golfo Persico come nelle altre grandi crisi degli anni '70 o '80. Sarebbe un cataclisma e farebbe balzare il prezzo del petrolio a 200 dollari e la benzina a 2,5 euro al litro. Al momento, per fortuna, si tratta di ipotesi estreme e non probabili perché l'Arabia Saudita che è regista dei movimenti del petrolio mondiale è dalla nostra parte", conclude Tabarelli.