Come migliorare il riciclo della plastica grazie alla luce. Una nuova tecnica arriva da Monaco
Il metodo sviluppato dal team di scienziati, guidato dal professor Heinz Langhals, consiste nel riconoscimento automatico dei componenti polimerici, sfruttando la fluorescenza intrinseca di questi materiali
Il riciclo della plastica passa dalla luce, e più precisamente dalla fotoeccitazione, per recuperare tutti i polimeri in commercio e ridurre l’aggravio per l’ecosistema derivante dal loro mancato riutilizzo. Una tecnica ancora da brevettare, che porta la firma dei ricercatori del dipartimento di Chimica della Ludwig Maximilians Universität di Monaco. Il metodo sviluppato dal team di scienziati, guidato dal professor Heinz Langhals, consiste - leggiamo sulla Gazzetta di Lucca - nel riconoscimento automatico dei componenti polimerici sfruttando la fluorescenza intrinseca di questi materiali. Indotta, appunto, da fotoeccitazione. “Le plastiche - spiegano i chimici - emettono luce fluorescente quando vengono esposte a brevi lampi di luce e l’emissione decade con il tempo; pertanto, la durata della loro fluorescenza è estremamente caratteristica per ogni singola tipologia e può servire come un’impronta digitale per l’identificazione”. Questa nuova tecnica prevede dunque che le particelle di plastica siano esposte alla luce pulsata: sensori fotoelettrici misurano, quindi, l’intensità della luce emessa in risposta alla fotoeccitazione indotta per determinare la dinamica del suo decadimento. “Con questo processo, errori di misura sono praticamente esclusi per qualsiasi dato materiale - assicurano i ricercatori - , inoltre permette l’identificazione e lo smistamento di una tonnellata e mezzo di plastica ogni ora”.