Più oggetti recuperati, meno rifiuti. L'Italia del riutilizzo ha bisogno di norme certe
Il riutilizzo di beni altrimenti destinati a concludere anzitempo il proprio ciclo di vita è una forma di prevenzione della produzione di rifiuti
Decine di migliaia di tonnellate di beni e oggetti recuperate e sottratte ai rifiuti grazie al lavoro, spesso informale, di circa 80.000 persone impegnate nel commercio ambulante, nelle fiere, nei mercati e mercatini, nei negozi in conto terzi, in cooperative ed enti di solidarietà. L'Italia del riutilizzo è stata al centro di un convegno promosso da Federambiente, Legambiente, Occhio del riciclone e Rete Onu, nel corso del quale è stato presentato il “V Rapporto nazionale sul riutilizzo” realizzato dal Centro di ricerca economica e sociale dell'Occhio del riciclone, con il patrocinio del ministero dell'Ambiente.
Il riutilizzo di beni altrimenti destinati a concludere anzitempo il proprio ciclo di vita è una forma di prevenzione della produzione di rifiuti. "Esperienze e sperimentazioni sul riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo - ha detto Pietro Luppi, direttore del Centro di ricerca dell'Occhio del riciclone - si sono moltiplicate negli ultimi anni in Italia contribuendo a ridurre l'improvvisazione e a elevare la qualità del dibattito. Trasferimento delle competenze, logistica e strumenti gestionali adeguati sono parte integrante di un compiuto sviluppo della filiera del riutilizzo”.
Le potenzialità del mercato dei beni recuperati sono elevate: secondo l'Ufficio europeo dell'ambiente, potrebbe arrivare a creare 800.000 posti di lavoro nel continente, ma in Italia ancora compresse e mortificate dalla mancata emanazione dei decreti attuativi della legge con la quale le norme comunitarie sul riutilizzo sono state recepite nel nostro Paese. “Le attività dell'usato non possono vivere nel cono d'ombra nel quale oggi sono relegate – ha detto Antonio Conti, portavoce della Rete Onu –. Preparazione all'utilizzo ed end of waste sono già realtà in Europa. Questo non è più il tempo dell'attesa ma di colmare il gap con gli altri Paesi europei”.
“Per rendere marginale lo smaltimento dei rifiuti – ha affermato Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente – si deve massimizzare il riciclaggio e rendere conveniente anche economicamente la prevenzione dei rifiuti, grazie a una vera tariffazione puntuale. Ma è altrettanto importante promuovere tutte le azioni che, grazie alla preparazione al riutilizzo e al riuso, possono permettere di rimettere in circolazione dei beni che con piccoli aggiustamenti possono allungare il loro ciclo di vita e allontanare nel tempo il momento in cui diventeranno rifiuti. Serve mettere a sistema tutte le esperienze nate in questi anni nel nostro Paese e fare un 'pacchetto di mischia' che spinga il legislatore nazionale e regionale a garantire un percorso semplificato a queste attività che da una parte riducono la produzione dei rifiuti e dall'altra alimentano economie sociali”.
“Le iniziative finalizzate a favorire il riuso, di cui oggi abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare alcune significative esperienze, sono fondamentali – ha detto chiudendo i lavori del convegno il presidente di Federambiente, Filippo Brandolini – non soltanto perché sono al primo posto, insieme alla prevenzione, nella gerarchia europea del trattamento dei rifiuti, ma perché una loro effettiva ed efficace realizzazione consente di rendere più efficiente la gestione dell'intero ciclo integrato dei rifiuti. A trarre vantaggio da un'ampia diffusione di queste pratiche sul territorio, soprattutto se abbinate a corretti meccanismi d'individuazione di una tariffa effettivamente commisurata a quantità e qualità dei rifiuti conferiti, sono tutti: i cittadini, le imprese, l'ambiente”.