Ref Ricerche: troppe inefficienze manageriali, così soffre il servizio idrico al Sud
Tra gli 11 capoluoghi di provincia e le città metropolitane che hanno sperimentato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile ben 10 erano situate nel Mezzogiorno
Governance fragile, inefficace e inesperta, frammentazione e, salvo alcune note eccezioni, carenza di operatori che lavorino secondo logiche industriali e con un approccio manageriale, ancora forti interdipendenze tra territori: sono queste – in sintesi – le cause dei ritardi del servizio idrico nel Mezzogiorno. Lo si apprende dall'approfondimento del Laboratorio Ref Ricerche dedicato al cosiddetto "water service divide", ovvero il divario che esiste tra il servizio idrico del Nord e quello Sud dell'Italia. Con il Meridione che - salvo alcuni casi - è costretto a convivere con gravi inefficienze e continue emergenze.
Un complesso di elementi che si ripercuotono sullo stato delle infrastrutture idriche, sui livelli delle prestazioni assicurate e in ultima analisi sui cittadini che lì risiedono. Al di là della naturale e complessa composizione del territorio meridionale e insulare, che certamente non semplifica la situazione. Sono ancora troppe le gestioni comunali “in economia”, con capacità tecniche e organizzative limitate e non adeguate. Se si escludono alcune realtà industriali, quali Acqua Campania e Gori in Campania, Abbanoa in Sardegna, Acquedotto Pugliese in Puglia, Acquedotto Lucano in Basilicata e Siciliacque e Caltaqua in Sicilia, i soggetti che operano nei territori non dispongono di capacità finanziarie e organizzative coerenti con l’attivazione degli investimenti. In questi contesti, anche la regolazione incentivante dell’Authority ARERA poco ha potuto, risolvendosi per lo più in diffide e nell’imposizione di tagli alle tariffe d’ufficio da parte di ARERA, molto spesso disattese o addirittura promosse come scelte dell’amministrazione locale a scopi elettoralistici in opposizione alla gestione unica d’ambito.
Al contrario di quanto avviene nel resto dell’Italia, chi abita nelle regioni del sud mostra una forte insoddisfazione per il livello qualitativo del servizio idrico. E ciò riguarda sia le caratteristiche organolettiche dell’acqua (odore, sapore o limpidezza) sia il modo in cui è distribuita, a partire dalla bassa pressione con la quale esce dai rubinetti fino alle interruzioni nel servizio, in certe zone così frequenti da aver abituato i cittadini a dotare le abitazioni di cisterne per accumularla.
I dati relativi alla percezione degli utenti sono chiari. Il 65,4% delle famiglie che nel 2018 hanno lamentato irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni risiede nelle regioni del Mezzogiorno; tra le più disagiate risultano Calabria e Sicilia, rispettivamente con il 39,6% e il 29,3% delle famiglie che lamentano tale inefficienza.
L’insoddisfazione lamentata dagli utenti è confermata dall’analisi di elementi fattuali. Nel 2017 –spiega l’approfondimento - tra gli 11 capoluoghi di provincia e le città metropolitane che hanno sperimentato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile ben 10 erano situate nel Mezzogiorno (con la sola eccezione della città di Latina). Ciò ha significato un totale di 2.301 giorni interessati da riduzioni o sospensioni del servizio (con la diffusa pratica del razionamento notturno). Per un rilancio del servizio idrico nel Mezzogiorno - conclude il documento - è necessario lavorare su più fronti: un ruolo attivo dell’Autorità di Distretto nella gestione delle funzioni pubbliche di governo della risorsa, un operatore pubblico che gestisca le interdipendenze regionali dell’approvvigionamento e operatori industriali a controllo pubblico, verticalmente integrati e di scala regionale, con competenze e know-how da costruire anche tramite partenariati con le realtà industriali più avanzate.