Moda usa e getta. A rischio il riciclo degli abiti usati. Raccoglierli costa più del loro valore
Rifiuti tessili urbani a rischio paralisi. Unirau ha presentato a Anci e Utilitalia uno studio, elaborato con Ariu, sui costi della raccolta non più sostenibili con i ricavi ottenuti. La scarsa qualità del fast fashion e la concorrenza sui mercati globali del second hand fatta dal super fast fashion cinese ha fatto crollare il valore.
Unirau (l'associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta, selezione e della valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani che aderisce a Assoambiente) e Ariu (associazione Recuperatori Indumenti Usati), accompagnati da rappresentanti di Retessile, hanno illustrato e consegnato a Anci e Utilitalia un rapporto che analizza la situazione critica vissuta dalla filiera dei rifiuti urbani e dettaglia in modo chiaro e trasparente i costi di raccolta tra i 306 e i 366 euro la tonnellata, a seconda di diversi fattori di costo presi in esame.
Moda fast
“Per anni”, ha sottolineato Andrea Fluttero, presidente Unirau, nel corso dell'incontro, “i costi della raccolta effettuata tipicamente da soggetti dell'economia sociale si autosostenevano con il valore ricavato dalla vendita alle aziende della selezione di quanto raccolto, che veniva valorizzato tramite preparazione per il riuso e riciclo”. “Oggi”, ha affermato Joseph Valletti, presidente Ariu, “la somma degli effetti dell'aumento dei quantitativi raccolti su base europea, la scarsa qualità del fast fashion e la concorrenza sui mercati globali del second hand fatta dal super fast fashion cinese ha fatto crollare il valore di quanto raccolto e le imprese della selezione per mantenere la competitività sono costrette ad acquistare le raccolte provenienti da altri Paesi europei di qualità maggiore e a quote decisamente più basse”.
“Questo ci obbliga”, ha spiegato Fluttero, “come dimostrato dai dati che emergono dal rapporto presentato, a vendere le nostre raccolte a quote inferiori ai nostri costi di raccolta e ci mette di fronte al rischio di non poter dare continuità al servizio”.
Il decreto
In attesa della istituzione di un regime di epr a cui stanno lavorando sia il ministero dell’Ambiente tramite un apposito decreto ministeriale che la Ue tramite la revisione della direttiva europea 2008/98, provvedimenti che verosimilmente saranno varati nel primo semestre del 2026, è necessario un sostegno da parte dei Comuni e delle aziende della raccolta rifiuti urbani.
Tra le possibili azioni illustrate nel documento: la possibilità di prezzi agevolati per smaltire gli scarti della raccolta e della selezione, l'impegno a evitare iniziative per aumentare i quantitativi raccolti, la sospensione del pagamento di eventuali royalties dovute in seguito a gare pregresse per la raccolta, il passaggio da gare a evidenza pubblica al massimo rialzo a quelle al massimo ribasso.
Se non sarà possibile concordare con le stazioni appaltanti le misure temporanee di sostegno illustrate, le raccolte rischiano di fermarsi, non consentendo ai Comuni di adempiere a un loro obbligo, aumentando i quantitativi di rifiuti indifferenziati e i conseguenti costi ambientali ed economici di smaltimento, privando i cittadini di un servizio e rischiando di lasciare spazi a soggetti che operando sottocosto sono poi verosimilmente costretti a pratiche commerciali, di gestione del personale e ambientali fuori dalla legalità.
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