Cronache no-triv. I consigli regionali vogliono il referendum
I pareri delle Marche e della Basilicata
Un referendum per dire no alle trivellazioni in Adriatico è stato uno dei temi affrontati dalla riunione plenaria della Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali, durante la quale sono stati approvati all'unanimità tre quesiti oggetto di un possibile referendum abrogativo di iniziativa regionale riguardante alcune norme dei decreti Sblocca Italia e Sviluppo, tra cui quelle relative alle concessioni per nuove trivellazioni e quello sugli inceneritori.
Secondo il presidente del Consiglio regionale delle Marche Antonio Mastrovincenzo, “l'unanimità nella decisione evidenzia che, indipendentemente dall'essere direttamente toccati dal tema delle trivellazioni, tutte le Regioni hanno voluto rivendicare il loro ruolo e partecipazione alle decisioni sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale degli interventi sul proprio territorio”. Mastrovincenzo sottoporrà nei prossimi giorni alla conferenza dei capigruppo del consiglio regionale “la proposta di referendum. Nuove trivellazioni sono infatti un pericolo per l'ambiente e l'ecosistema delle Marche".
"C'è soddisfazione per aver dato un bel contributo al conseguimento di questo obiettivo, che coinvolge tutte le Regioni italiane. È chiaro che, adesso, ogni singolo Consiglio regionale dovrà scegliere cosa fare e come votare. Ma il fatto che la Conferenza all'unanimità abbia preso questa decisione, assume anche un valore politico per il ruolo che le Regioni e i territori chiedono di esercitare, anche su vicende delicate come quella energetica". Lo ha detto il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd).
"A giugno il ministero dell’Ambiente ha emesso due decreti di compatibilità ambientale che autorizzano altrettanti progetti di prospezione petrolifera in Adriatico. Secondo noi tali decreti violano le Direttive Europee". Lo sostiene Marco Affronte, eurodeputato del Movimento 5 Stelle. "La violazione consiste nella mancata attuazione della fase di consultazione transfrontaliera con gli altri Stati Membri interessati, in questo caso la Croazia e l’Albania (che non è Stato Ue, ma ha sottoscritto nel 1991 la Convenzione di Espoo)".