Effetto shale. Gli Usa battono il record di estrazione di greggio, può riprendere l’export
Nel 2013 prodotti 7,5 milioni di barili al giorno, il top da inizio anni novanta
L’estrazione nazionale di petrolio e di gas negli Stati Uniti è ai massimi grazie alle nuove tecniche di estrazione come lo shale oil, lo shale gas, le sabbie bituminose e altri metodi che consentono di alzare l’efficienza dei giacimenti e la qualità degli idrocarburi.
Così il Governo di Washington sta valutando, per la prima volta dall’inizio degli anni ’90, la possibilità di eliminare l'embargo sulle esportazioni di petrolio nazionale.
Lo riferisce il Washington Post, secondo il quale diversi esponenti di spicco dell’industria e della politica hanno parlato dell’opportunità di togliere l’embargo, senza il quale ci saranno vantaggi sui prezzi e sull’occupazione negli Usa.
Dal 1975, con la crisi petrolifera, Washington aveva deciso di vietare le esportazioni di greggio, se non in particolari e ben limitate eccezioni (c’è un piccolo flusso di esportazioni verso il Canada). Rimase permesso invece l’export di benzina, gasolio e altri prodotti raffinati.
Ora gli Stati Uniti si stanno avvicinando all'autosufficienza energetica con oltre 7,5 milioni di barili al giorno, come non accadeva da vent’anni.
L’effetto di questa maggiore disponibilità di energia ha portato a una riduzione dei prezzi e delle importazioni di petrolio, di modo che il deficit petrolifero è sceso a novembre a 34,3 miliardi di dollari, e i carburanti liquidi sono sempre più marginali per l’import (dal 60% di una decina d’anni fa al 25-30% attuale).
Un’altra conseguenza è il fatto che la capacità di raffinazione statunitense non è sufficiente a soddisfare la domanda dei consumatori e l’offerta dei giacimenti nazionali.
Secondo studio del Peterson Institute for international economics, la rivoluzione legata allo shale gas e al tight oil può dare all'economia Usa benefici stimabili in un aumento del Pil annuo dello 0,2% per tutto il decennio.