Energia

La competizione internazionale rende difficile il mercato. L’Unione petrolifera chiede semplificazioni normative

"La crisi, ormai strutturale, della raffinazione europea è stata sicuramente indotta dal calo dei consumi dovuto alla crisi e alla concorrenza sleale delle raffinerie extra-Ue". Questo il parere espresso dal presidente dell'Unione petrolifera, Alessandro Gilotti, durante l’assemblea. Nei prossimi 15 anni, in cui "le politiche ambientali diventano il driver principale nel governo dei possibili scenari energetici che possiamo immaginare oggi", il mix energetico mondiale vedrà "ancora la preminenza dei combustibili fossili nel soddisfacimento di questa crescente domanda di energia", con "il petrolio che rimarrà la prima fonte". In Europa, il peso del petrolio scenderà, ma "resterà essenziale nel settore trasporti".

L'Italia, dove "la positiva congiuntura dei prezzi del greggio ha permesso un lieve recupero dei margini", rileva problemi specifici: "costi operativi di sistema superiori ai nostri competitor nordeuropei, elevato costo dell'energia, inefficienze nel sistema portuale e infrastrutturale, oneri amministrativi e burocratici dovuti a procedure farraginose e lunghissime".
Per questo l'industria petrolifera italiana, che dal 1990 ha investito oltre 21 miliardi in ricerca e tecnologia per raffinerie sempre più sostenibili, "è ancora pronta a fare la sua parte", ma "può farlo solo se è messa nelle condizioni di poter operare in un contesto di regole chiare, non contraddittorie e razionali, ma soprattutto armonizzate a livello europeo". È quindi necessario avere "tempi certi e prescrizioni realistiche" sia per le bonifiche che per le autorizzazioni integrate ambientali, ma anche porti efficienti e con tasse che non siano più alte rispetto a quelle europee.