Le tangenti in Africa. Saipem, Scaroni e altre storie
Decisione di primo grado del Tribunale di Milano nel procedimento Algeria. Prime condanne nel processo Nigeria
Ultime dal fronte dei processi per accuse di tangenti pagate per commesse dell’Eni e consociate in Africa. Tra quelle che allora erano consociate dell’Eni c’è la Saipem, oggi indipendente.
Caso Algeria - Il Tribunale di Milano - Sezione IV Penale - ha pronunciato la sentenza nel procedimento penale relativo a fatti di reato attribuiti in Algeria fino al marzo 2010 in relazione ad alcune commesse completate da tempo. Il Tribunale ha condannato, tra gli altri, anche alcuni ex manager della Saipem per i reati di corruzione internazionale e ha condannato la società al pagamento della sanzione pecuniaria di 400mila euro.
Gli ex manager della Saipem condannati dal Tribunale avevano tutti lasciato la società tra il 2008 e il 2012.
Il Tribunale ha disposto la confisca della somma complessiva di circa 197 milioni di euro nei confronti di tutte le persone fisiche oggi condannate (e tra questi alcuni ex manager) e ha disposto la confisca della somma complessiva di circa 197 milioni di euro nei confronti di Saipem ai sensi dell'articolo 19 del D. Lgs. 231/2001.
Per quanto emerso nel corso del processo e dalle richieste del Pubblico Ministero, allo stato, risulta già in essere da tempo un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un importo pari a complessivi circa 160 milioni di euro nei confronti di alcune persone fisiche - diverse dalla Società - tutte condannate con la odierna sentenza. La decisione del Tribunale di primo grado non è esecutiva.
"Saipem si riserva di impugnare la decisione del Tribunale alla luce delle motivazioni della decisione – avverte la società - che saranno depositate nel termine di 90 giorni. Una dettagliata informativa sul procedimento Algeria è contenuta nella Relazione Finanziaria Semestrale 2018 della Società, disponibile sul sito internet di Saipem”.
Caso Nigeria - Con la deposizione dei primi testi dell'accusa convocati in aula per il prossimo 26 settembre entrerà nel vivo il processo a carico di 15 imputati, tra cui l'amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, il suo predecessore Paolo Scaroni (nella foto), quattro manager della Shell e gli stessi due gruppi petroliferi, per il caso della presunta maxitangente che sarebbe stata versata a pubblici ufficiali e politici nigeriani per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245. Si sono costituite come responsabili civili Eni e Shell (ha sollevato una questione respinta dal Tribunale) e pure le tre società controllate dalla compagnia olandese presso le quali hanno svolto la loro attività tre dei quattro dirigenti imputati. Dopo la richiesta prove, il processo è stato aggiornato al 26 settembre e la settima sezione penale del Tribunale ha anche fissato un'ulteriore udienza due giorni dopo e cioè il 28 settembre.
Condanna – C’è stata anche una prima sentenza sul caso Eni-Shell relativo all’acquisto della concessione del giacimento petrolifero nigeriano Opl-245. Al termine del processo con rito abbreviato, la Gup di Milano Giusy Barbara ha condannato due degli imputati, considerati intermediari nella presunta maxi tangente pagata a politici nigeriani dai due colossi petroliferi. Il nigeriano Emeka Obi e l’italiano Gianluca Di Nardo sono stati condannati per corruzione internazionale a 4 anni di reclusione e ad una confisca per Obi di oltre 94 milioni di dollari per Di Nardo di 21 milioni di franchi svizzeri.
Il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, al termine della loro requisitoria il 14 dicembre 2017, avevano chiesto la condanna di entrambi gli imputati a cinque anni di carcere e alla confisca di 120 milioni di dollari per il nigeriano e 20 milioni di franchi svizzeri per l’italiano.
Obi e Di Nardo hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato (il processo si svolge a porte chiuse, si basa solo su prove documentali e si ha diritto a uno sconto di un terzo della pena in caso di condanna) e le loro posizioni sono state stralciate dal procedimento principale per corruzione internazionale.
Sia il procedimento arrivato a sentenza con rito abbreviato che quello principale, che vedrà l’apertura del dibattimento nella prossima udienza in calendario per il 26 settembre, riguardano l’accusa di corruzione internazionale in merito al versamento nel 2011 di 1,3 miliardi di dollari da parte di Eni e Shell su un conto del governo nigeriano per l’acquisto della licenza per l’esplorazione del campo Opl-245.
Per l’accusa, in quella transazione sono compresi 1,092 miliardi di dollari di tangenti a politici e amministratori nigeriani. Sotto la lente dei magistrati è finito il passaggio di gran parte del denaro pagato per la concessione da un conto ufficiale del governo di Lagos su altri conti, in particolare su quello della società Malabu, per gli inquirenti riconducibile all’ex ministro nigeriano del Petrolio Dan Etete, anche lui tra gli imputati del filone principale.