Rapporto Eurispes, cresce nel mondo il recupero dei rifiuti in plastica
Lo studio ha aperto la quinta edizione del Forum Internazionale PolieCo sull’economia dei rifiuti
Di tutta la plastica richiesta dal mercato nell’UE-27, è stato intercettato un quantitativo di rifiuti pari a 25,1 milioni di tonnellate, in aumento del 2,4% rispetto al 2010, più che doppio rispetto al tasso di crescita della domanda di plastiche vergini (+ 1,1). In discarica sono finite 10,2 milioni di tonnellate, mentre la quota residua è stata destinata a recupero di materia o energetico, con un tasso pari al 59,1% di tutti i rifiuti raccolti e al 31,7% dei materiali vergini immessi sul mercato.
È quanto emerge dal rapporto: “Da rifiuti a risorse. Il futuro della gestione delle plastiche”, realizzato dall’Eurispes in collaborazione con il Consorzio PoliEco (il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene) e presentato a Ischia in occasione della V edizione del Forum internazionale sull’economia dei rifiuti.
La ricerca, da cui emerge che la produzione di materie plastiche a livello mondiale segna un incremento in 10 anni del 3,7% e dell’1,7% in Europa, analizza le problematiche europee e nazionali legate al riciclo dei prodotti plastici, evidenziando, da un lato, una mappatura che vede i Paesi Ue come diversamente riciclatori, intermediari o rinunciatari (e l’Italia è fra quest’ultimi). Il rapporto evidenzia inoltre un aumento delle problematiche (anche di salute, oltre che economiche) legate all’importazione di beni prodotti con rigenerato di dubbia origine: circa il 25% delle spedizioni di rifiuti inviate dall’Ue ai Paesi in via di sviluppo di Africa e Asia avviene in violazione delle normative internazionali ma, allo stesso tempo, un’ingente quantità di beni contraffatti o diversamente pericolosi arrivano in Europa proprio grazie all’esportazione illecita di una diffusa miniera di materiali che, adeguatamente riciclati in loco, darebbero luogo ad un risparmio notevole e ad un minor depauperamento di ambiente e risorse nell’ottica della sostenibilità e di un approccio etico all’attività umana. In Italia, le stime sul mercato della contraffazione parlano di un giro di circa 7 miliardi di euro, che comporta minori entrate fiscali per 1,7 miliardi e una perdita di 110mila posti di lavoro.
Tra i settori più colpiti ci sono abbigliamento e accessori (2,5 miliardi di euro), seguiti da cd, dvd, pirateria informatica e dal comparto agroalimentare (1,1 miliardi di euro). Nel 73% dei casi i beni sequestrati risultano di origine cinese.
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