Sfuso o riciclabile basta che aumenti il tasso di riciclo al 2030. I dati di una ricerca
Lo studio” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) in collaborazione con Altroconsumo fa parte del progetto finanziato dal ministero delle imprese per informare e educare ai consumi sostenibili e di economia circolare
L’Unione Europea punta ad aumentare la quota di riciclo dei rifiuti al 2030 degli obiettivi superiori di almeno 5 punti percentuali rispetto a quelli del 2025 per ottemperare a un quadro normativo sempre più stringente in termini ambientali e più votato all’economia circolare. Alla filiera di gestione e riciclo del rifiuto e delle nuove soluzioni per un packaging più sostenibile che contenga materiali riciclati, si affianca la possibilità di scegliere sfuso. Sono questi alcuni dei temi contenuti nello studio “Sceglilo sfuso o riciclabile. Dati, contesto normativo e risultati di Altroconsumo”, realizzato dall’Istituto per la Competitività (I‐Com) nell’ambito di Sceglilo Sfuso o Riciclabile, il progetto che si propone di informare e educare ai consumi sostenibili e di economia circolare e creare consapevolezza rispetto al problema dell’over-packaging e più in generale alla scelta del buon packaging. Lo studio è stato presentato a Roma nel corso di un convegno pubblico, organizzato in collaborazione con Altroconsumo.
Il processo di riciclo in Europa
L’integrazione del processo di riciclo e il recupero di materiali con la conseguente valorizzazione del rifiuto sta riscoprendo la sua importanza con un trend a livello europeo positivo da oltre vent’anni passando da una quantità di rifiuti comunali riciclata del 27,3% al 48,6% (+78%). L’andamento positivo è riscontrabile nei principali Stati membri. In particolare, tra il 2000 e il 2021 l’Italia ha visto crescere il tasso di riciclo dal 14,2% al 51,9% (+265,5%), la Spagna ha raddoppiato la percentuale da un valore pari a 18,4% al 38,6% (+109,8%) mentre la Francia ha segnato un +70,6% (dal 24,5% al 41,8%). La Germania ha sperimentato invece un aumento del tasso di riciclo più modesto rispetto agli altri Paesi, pur partendo da una soglia iniziale più alta (52,5%).
Produzione packaging
Analizzando l’andamento della produzione di rifiuti da packaging, si nota un generale aumento che tra il 2005 e il 2021 va dai 158,34 kg ai 189,75 kg pro capite (+19,8%). Nello specifico, Germania e Italia si confermano gli Stati con il maggiore aumento della produzione pro capite tra quelli presi in esame, con incrementi rispettivamente del 41,6% e del 37,3%; seguiti dalla Spagna con un 25,4% e, per ultima, dalla Francia con un 6,9%. Per ciò che riguarda la produzione di quantità di scarto in base ai materiali di packaging utilizzati, sono soprattutto gli imballaggi in carta e cartone ad aver segnato un aumento del 7,9% a livello europeo, con Italia, Germania e Francia che hanno registrano un balzo a doppia cifra, rispettivamente del 20,4%, 22,4% e 15,9%. Gli imballaggi in plastica si assestano a un +28,1%, tuttavia per i Paesi considerati sembra esserci un’elevata variabilità. Infatti, la Germania si conferma prima in termini di incremento con +43.1%, la Francia segna un +15,5%, l’Italia un +6% e la Spagna un +4,1%. Infine, per gli imballaggi in vetro si è registrato un aumento del 7,9% nel loro utilizzo, con l’Italia che mostra la crescita più elevata (+32%), seguita da Germania (+6,3%), mentre Spagna e Francia hanno diminuito la loro quota rispettivamente del 18,8% e del 12,6%.
Il quiz sullo smaltimento
Per quanto concerne il corretto smaltimento dei rifiuti da imballaggio, Altroconsumo ha sottoposto a un “quiz” gli ACmakers, la sua community collaborativa. 7 persone su 10 sanno che le informazioni sul corretto riciclo si trovano sull’etichetta dell’imballaggio; quasi tutti, circa 9 persone su 10, sanno che i Raee (rifiuti da apparecchi elettrici e elettronici) vanno portati all’isola ecologica comunale e che le batterie vanno separate dai dispositivi prima di buttarli. In pochi invece - 4 su 10 - sanno che possiamo chiedere di farci servire il cibo da asporto in un nostro contenitore, purché sia pulito e adatto all’uso alimentare (l’esercente potrà valutarlo).
La questione sfusi
Da un punto di vista ambientale, la soluzione ottimale è sempre non produrre rifiuto fin dal principio, e, ove possibile da un punto di vista sanitario, consumare prodotti sfusi dotandosi di contenitori riutilizzabili nel tempo. Dall’indagine Altroconsumo sulla domanda di prodotti sfusi da parte dei cittadini, e alla quale hanno partecipato più di 1mila iscritti alla piattaforma ACmakers, emergono come barriere alla vendita di prodotti sfusi la bassa disponibilità di negozi che offrono tale opzione (528 preferenze), il maggior tempo e impegno richiesti dall’organizzazione dell’acquisto di prodotti sfusi (450), nonché la percezione che alcuni prodotti sfusi siano meno igienici rispetto alla loro controparte imballata (614). Di converso, tra i fattori che sembrano dare un contributo positivo si rintracciano la possibilità di scegliere la quantità necessaria di prodotto (200) e l’assenza di un packaging in plastica (150).
I dettagli della ricerca
L’indagine si inserisce nell’ambito del perimetro di “Sceglilo Sfuso o Riciclabile” è una sperimentazione, che ha riguardato 26 punti vendita, sulle possibilità dei clienti di acquistare prodotti sfusi e incartarli tramite imballaggi portati da casa, impattando positivamente sull’ambiente e anche riducendo i costi dei distributori di prodotti, condotta sempre da Altroconsumo e curata da Mercato Circolare. Questa possibilità è stata introdotta nel 2019 tramite il c.d. Decreto Clima e la sua applicazione sarebbe prevista dall’art. 7 bis della legge n.141 del 12/12/2019. Dei 26 punti vendita considerati, 24 non erano a conoscenza della possibilità offerta dal Decreto Clima, ma, la maggior parte di essi (20), dopo essere stati informati, ha effettuato la pratica. In 6 casi su 26 (il 23%) il consumatore si è visto negare la possibilità di usufruire dei contenitori per il trasporto dei prodotti.