Arriva la tecnologia “salva acquedotti”. Le dispersioni ci costano 226 milioni l’anno
Safe Pipe: nessuno scavo, interventi veloci, riduzione delle perdite d’acqua, che in Italia toccano punte del 40%. Test al campo prove della Metropolitana Milanese
Gli acquedotti italiani perdono in media tra il 30 e 40% dell’acqua che trasportano, il che equivale a circa 2,6 miliardi di metri cubi di quella immersa in rete. Uno spreco che, ogni anno, ci fa perdere 226 milioni di euro.
Un nuovo sistema – Safe Pipe – potrebbe aprire nuovi scenari nel campo del risanamento degli acquedotti, arrivati ormai a una vita media di circa trent’anni.
Il progetto, durato tre anni e basato su un nuovo materiale e su una soluzione di posa a basso impatto, si chiama Safe Pipe ed è stato presentato la scorsa settimana alla fondazione Politecnico di Milano. Il sistema è già in fase di test al campo prove della Metropolitana Milanese, la spa che gestisce il servizio idrico integrato del capoluogo lombardo.
Oggi, hanno spiegato i tecnici, per intervenire in caso di risanamento si effettuano scavi estesi con impatto dei cantieri sulla vita pubblica, sul traffico e sull’ambiente. L’esecuzione dei lavori sulla condotta con Safe Pipe si effettuano invece senza l’ausilio di scavi ma direttamente dall’interno. In questa maniera i costi di risanamento sono del 40% inferiori, con impatto ambientale praticamente nullo e risparmio energetico nelle stazioni di pompaggio. “Le nostre perdite si attestano intorno al 10%, quindi altamente sotto la media nazionale – spiega Carlo Carrettini, direttore dell’acquedotto di Milano – ma riteniamo importante investire in nuove tecnologie attraverso le quali ottenere margini per un ulteriore miglioramento”.
Il progetto Safe Pipe è portato avanti da un gruppo di ricerca guidato da una cordata di aziende lombarde – Beca Engineering, Deva e Tematechline, – dal Politecnico di Milano, Metropolitana Milanese e la collaborazione, per la parte di analisi e test sulle materie prime, dell’istituto Mario Negri.