Animalìe. Surprais. Pienone di stambecchi in val d’Aosta. Censiti oltre 4mila esemplari
L’Università di Ferrara: per il caldo gli animali stanno cambiando le abitudini e diventano notturni. La Regione: la specie era in via di estinzione nella valle ma dal ’97 al 2023 è raddoppiata
Sorpresa. La Val d’Aosta pullula di stambecchi, ce ne sono più di 4mila. Lo ha affermato in Consiglio regionale valdostano l’assessore alle risorse naturali Marco Carrel nel rispondere a un'interrogazione di Dino Planaz del gruppo Rassemblement Valdôtain. Uno studio condotto dall’Università di Ferrara ha anche precisato che il clima più mite sta cambiando le abitudini notturne dell’animale. Ha detto Carrel: “Dai dati emersi degli ultimi 26 anni si rileva che la popolazione di questo ungulato è in lenta ma costante crescita sull’intero territorio. Nel 1997, erano stati censiti 1.934 capi, mentre lo scorso anno è stato rilevato il dato più alto, pari a 4.052 stambecchi. Lo studio dell’Università di Ferrara evidenzia come i cambiamenti climatici attualmente in corso (aumento delle temperature, alterazione dei regimi idrici, inaridimento del suolo e ritiro quasi totale dei ghiacciai) stiano lentamente modificando le abitudini di tutta la fauna. Sul territorio valdostano, considerati i numeri emersi dai censimenti, non sono stati rilevati particolari elementi che facciano presupporre una diminuzione della popolazione dello stambecco legata ai cambiamenti climatici, in quanto, molto probabilmente, le densità di animali all’esterno dell’area protetta sono molto più basse e quindi gli stambecchi (e gli altri ungulati), hanno a disposizione molto più foraggio”.
Lo studio - ha spiegato Marco Carrel - è stato svolto in 2 aree protette: il Parco del Gran Paradiso e il Parco nazionale svizzero in cui le densità di ungulati sono molto elevate e la pressione turistica è maggiore rispetto ai territori non protetti. “Le valutazioni contenute nel documento non trovano quindi riscontro sull'intero territorio regionale, in quanto il campione preso in considerazione è ridotto rispetto al numero reale degli stambecchi e i dati non sono rappresentativi della realtà valdostana".
La ricerca ferrarese
Francesca Brivio, Marco Apollonio, Pia Anderwald, Flurin Filli, Bruno Bassano, Cristiano Bertolucci e Stefano Grignolio dell’Università di Ferrara hanno condotto lo studio “Seeking temporal refugia to heat stress: increasing nocturnal activity despite predation risk", pubblicato il 17 gennaio 2024 sulla rivista Proceedings of the Royal Society of Biological Sciences. La ricerca è stata condotta sia nelle aree dove è presente il lupo, che è il principale predatore degli stambecchi, cioè nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, sia in zone dove il predatore non c’è ancora (Parco Nazionale Svizzero). Lo studio – supervisionato dal professor Stefano Grignolio del dipartimento di scienze della vita e biotecnologie con il contributo dell’Università di Sassari e delle due aree protette – ha dimostrato che l’aumento di attività notturna in relazione alla temperatura è simile sia nei maschi sia nelle femmine, anche se quest’ultime pesano circa la metà dei maschi e hanno corna decisamente più piccole, andando quindi incontro a un rischio di predazione più elevato. "La nostra ricerca mette in luce un’ulteriore conseguenza del riscaldamento globale che forzerà alcune specie diurne ad essere attive di notte, accettando un incremento nel rischio di predazione - commenta Grignolio -. Le conseguenze ultime di questi cambi nel comportamento delle specie diurne non ci sono ancora evidenti e dovremo capire se potranno mettere a rischio la conservazione di queste specie".
Troppi esemplari
La ricerca ferrarese dice che un aumento significativo della popolazione di stambecchi può esercitare una maggiore pressione sull'ecosistema in cui vivono, specialmente se le risorse alimentari e spaziali sono limitate. Questo potrebbe portare a una competizione più intensa per il cibo e lo spazio vitale, influenzando altre specie presenti nell'area. Più nel dettaglio, una popolazione più numerosa di stambecchi potrebbe consumare più vegetazione, con possibili conseguenze sull'equilibrio ecologico dell'area, e un aumento eccessivo della pressione di pascolo potrebbe portare alla distruzione di habitat importanti per altre specie di piante e animali, con conseguenze negative sull'ecosistema locale. Con una popolazione più numerosa, aumenta il rischio di diffusione di malattie e parassiti tra gli individui. Questo potrebbe avere impatti negativi sulla salute complessiva della popolazione di stambecchi e, in alcuni casi, anche su altre specie animali presenti. Secondo l’analisi dell’università, ciò “potrebbe richiedere interventi di gestione della fauna selvatica da parte delle autorità competenti. Questi interventi potrebbero includere la regolamentazione della caccia, la traslocazione degli animali in altre aree, o programmi di controllo delle nascite, se appropriati e legalmente permessi”.
Fuori pericolo
L’assessore Carrel nel commentare lo studio ha detto: “Per tutelare le popolazioni di queste specie sono state messe in campo numerose azioni nel corso degli anni come l’installazione di pannelli informativi all’inizio dei più frequentati itinerari di scialpinismo presenti sul territorio regionale, per cercare di limitare il disturbo apportato dagli escursionisti e un’attenta pianificazione dell’attività dell’heliski, con rotte di volo e itinerari di discesa”.
Ha risposto il consigliere Dino Planaz: “I dati riportati dall’assessore sono soddisfacenti: in passato questa specie ha rischiato l’estinzione, mentre oggi i numeri sono rassicuranti. Terremo comunque alta l’attenzione nei confronti di tutte le specie presenti sul nostro territorio al fine di scongiurarne il pericolo di estinzione”.
Lo studio "Seeking temporal refugia to heat stress: increasing nocturnal activity despite predation risk" dell’Università di Ferrara: https://royalsocietypublishing.org/d...