Annuario Ispra/2 – Nel dettaglio: ci “mangiamo” otto metri quadri al secondo
I dati sul consumo di suolo, le aree contaminate, le frane e le alluvioni, le acque sotterranee, la liquefazione del terreno, i rifiuti radioattivi
Secondo l’Annuario Ispra presentato a Roma, la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, gestione di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi è uno dei principali fattori di pressione ambientali.
I siti contaminati comprendono quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane svolte o in corso, è stata accertata un'alterazione puntuale della qualità del suolo da parte di un qualsiasi agente inquinante. Il numero complessivo dei siti di interesse nazionale (Sin) a oggi è pari a 39, mentre gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante presenti in Italia sono 1.135.
Circa un quarto è concentrato in Lombardia e regioni con elevata presenza di industrie a rischio sono anche Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna.
Sul capitolo del suolo, sono stati consumati in media più di 7 metri quadri al secondo per oltre 50 anni.
Oggi il consumo di suolo raggiunge gli 8 metri quadri al secondo. In termini assoluti sono irreversibilmente persi circa 22.000 chilometri quadri.
Nel 2012 le stime del consumo di suolo a livello regionale mostrano che in 15 regioni viene superato il 5% di suolo consumato, con le percentuali più elevate in Lombardia e in Veneto (oltre il 10%) e in Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia (valori compresi tra l'8 e il 10%).
L'Italia, per le particolari condizioni climatiche e geomorfologiche, è una nazione ad alto rischio geologico-idraulico. Il 2013 è stato caratterizzato da precipitazioni al di sopra della media climatologica in molte zone del territorio nazionale e dal succedersi di eventi meteorologici particolarmente intensi che hanno causato l'innesco di numerosissimi fenomeni franosi come in Toscana nel mese di marzo con oltre 600 frane nel solo bacino dell'Arno.
In Italia le frane censite sono 499.511 e interessano un'area di 21.182 chilometri quadri, pari al 7% del territorio nazionale. Nel 2013 sono stati censiti 112 eventi principali di frana, distribuiti su gran parte del territorio italiano.
Per i rifiuti radioattivi, la maggior parte si trovano in Piemonte (71,6%), fra gli impianti del polo vercellese (Trino, Saluggia e altre località).
Seguono la Campania con il 12,75% e la Basilicata con il 9,7%. In termini di volumi, si registra una maggior concentrazione nel Lazio con il 29,4%, seguito dal Piemonte (18,6%) e dall'Emilia-Romagna (12,6%).
Dall'analisi dei dati, risulta evidente l'innalzamento dei livelli delle falde (diminuzione della soggiacenza) subito dopo gli eventi sismici principali del 20 e del 29 maggio. Gli innalzamenti massimi del livello si sono verificati con il primo evento sismico del 20 maggio, dove sono stati registrati aumenti di circa 160 cm a Mirandola, 60 cm a Terzana di Bondeno e 20 cm a Pilastri di Bondeno.
In concomitanza con le principali scosse sismiche del 20 e 29 maggio 2012, sono stati osservati numerosi fenomeni che hanno interessato, oltre le già illustrate variazioni di livello delle acque sotterranee profonde, anche le falde freatiche superficiali e i terreni nei quali si è, in diversi casi, innescato il fenomeno della liquefazione delle sabbie.
Sono stati censiti almeno 700 casi di liquefazione dei terreni in un'area di circa 500 chilometri quadri che hanno interessato prevalentemente le seguenti località: Mirabello, San Carlo e Sant'Agostino nel Ferrarese; San Felice, Cavezzo e Concordia sulla Secchia nel Modenese.
La liquefazione delle sabbie contenute nel terreno si è manifestata in superficie con la comparsa di vulcanetti di sabbia mista a fango, fuoruscita di acqua e sabbia dai pozzi domestici superficiali, fratturazioni e dislocazioni superficiali, oltre a locali depressioni del suolo (inghiottitoi poco profondi).