torna alla home
Visitaci anche su:

Notiziario ambiente energia on-line dal 1999

Il Plantigrafo. La sindrome della principessa Disney

where Treviso when Lun, 24/03/2025 who roberto

Per la rubrica “Il Plantigrafo” prosegue la collaborazione del naturalista Fabio Chinellato con e-gazette. Così proiettiamo sugli animali i sentimenti umani. Mamma orsa e il video (falso) che ha commosso il web. Il mito del buon selvaggio. Chi avvicina gli animali liberi non ne rispetta la libertà.
di Fabio Chinellato*

Una delle cose positive che possiamoplantigradoplantigrafo.png attribuire al secolo scorso, o per lo meno ai suoi ultimi decenni, è certamente la sensibilità ai temi ambientali, il desiderio di tutela della biodiversità e in particolare delle specie animali. Questa sensibilità è cresciuta contestualmente al nostro allontanamento dalle aree naturali, non molte persone possono dire di avere avuto incontri ravvicinati con animali selvatici di grossa taglia (diciamo da 5 kg in su) in ambiente naturale, molti non ne avrebbero nemmeno l’interesse, eppure gli animali ci piacciono. Non li conosciamo (o li conosciamo sempre meno direttamente) ma ci piacciono.
 
Umanizzare
Spesso ci facciamo un’idea della fauna selvatica basata su suggestioni (quell’animale è bello oppure brutto, quell’animale nella cultura popolare è cattivo oppure buono e così via), sempre di più tendiamo a umanizzare il comportamento animale, a dare significati etici a ciò che leggiamo nel comportamento animale e ad attribuirne un valore. Il caso lampante è un video che ha fatto il giro dei social la cui descrizione parlava di “un orsetto trovato solo e accudito da un passante, la madre torna a recuperare il cucciolo e per ringraziare l’umano che se ne è preso cura torna a trovarlo tutti gli anni”; sarebbe stato un video commovente se, nella realtà, non fosse stato montato ad arte dall’unione di spezzoni di video vari in cui gli orsi ritratti appartenevano ad almeno tre specie diverse.
 
Il pericolo
Insomma, negli animali molto spesso cerchiamo delle virtù che stanno solo dentro la nostra testa, cerchiamo di umanizzarli come facciamo con i nostri animali da affezione, a volte arriviamo a considerare un selvatico alla stregua del nostro cane o del nostro gatto, e questo rischia di diventare pericoloso.
Pericoloso per noi se è vero che si stanno moltiplicando i casi in cui umani incauti si avvicinano ai selvatici per nutrirli o addirittura accarezzarli, pur trattandosi di pericolosi carnivori, come nel caso del turista che durante un safari ha pensato bene di provare ad accarezzare una leonessa (questa e altre storie sono raccontate in questo articolo di BBC Wildlife). Sembra assurdo doverlo specificare ma un selvatico non è un animale domestico: non conosciamo le sue reazioni, non sappiamo come può comportarsi in una situazione di pericolo percepito (scapperà? Resterà immobile? Attaccherà?). Provare a nutrire direttamente dalle nostre mani o addirittura accarezzare un cinghiale, un cervo o una volpe potrebbe trasformarsi in un’esperienza davvero poco piacevole.
 
Difendere gli animali
Pericoloso per gli animali perché abituarsi alla presenza e alla vicinanza con l’uomo può aumentare il rischio di contrarre patologie trasmissibili da domestici a selvatici e viceversa, potrebbe mettere a repentaglio l’incolumità del selvatico per un aumentato rischio di incidenti con mezzi e infrastrutture umane, potrebbe innescare meccanismi di assuefazione alle risorse procurate dall’uomo e abitudine a frequentare le aree antropizzate, con conseguente necessità di intervento, più o meno drastico.
 
Turismo selvaggio
Un’orsa con i suoi piccoli non è un’attrazione turistica, è un vivente con istinti di protezione e “armi” che non esiterà a usare, se costretta. Averla vicino a un paese di montagna, abituata a mangiare cibo fornito dagli umani nel tentativo di attrarla per fotografarla, comporta un enorme rischio tanto per gli umani (perché potrebbe essere che un incontro ravvicinato non previsto finisca con un’aggressione), quanto per lo stesso animale, che diventerebbe facile bersaglio per chi ha il grilletto facile o, in caso di aggressione, sarebbe soggetta ad allontanamento (nel migliore dei casi).
Un dispenser di semi per gli uccelli, magari di quelli dotati di fotocamera, è un’ottima idea per avere delle fotografie da pubblicare sui social, ma alimentare artificialmente degli animali selvatici per il puro gusto di vederli nel giardino significa rischiare di abituarli all’avere sempre cibo disponibile, renderli dipendenti da questa fonte alimentare e alla lunga incapaci a trovarsi il cibo da soli. A questo aggiungiamo il fatto che ci sono molti altri animali che si nutrono di semi, inclusi i roditori, e che la vicinanza dei selvatici ai domestici aumenta il rischio di trasmissione di patologie.
 
Disney
Noi umani non siamo principesse Disney, non dobbiamo avvicinare gli animaletti selvatici con il nostro canto, né dobbiamo parlare con loro. Lasciamo che a queste cose ci pensino i personaggi delle fiabe. Noi accontentiamoci di condividere con la fauna selvatica i boschi, come coinquilini che non devono necessariamente incontrarsi. Respiriamo la loro stessa aria, viviamo il loro stesso tempo. Rispettiamo il loro più grande pregio: l’essere selvatici.
 
(*) Dottore forestale, zoologo e naturalista

immagini
plantigrafo