Che aria che fa. Ecco le 69 procedure Ue contro l’Italia, soprattutto per smog e ambiente
Il numero di procedimenti europei di accusa è in forte calo rispetto a un anno fa. Ecomulte europee per 697 milioni in 7 anni. La lotta antismog e le iniziative della Toscana
Le procedure di infrazione comunitaria sono quei provvedimenti che vengono avviati nei confronti degli Stati che non adeguano l’ordinamento al diritto europeo; a dicembre 2023 (dati dipartimento per gli Affari Europei) pesavano sull’Italia 69 procedure, in calo sensibile rispetto ai dati di inizio 2023 quando se ne contavano 83. Per quanto riguarda i settori maggiormente interessati dalle procedure pendenti, troviamo l’ambiente (15), seguito da affari economici e finanziari (8), trasporti (7) e lavoro e politiche sociali (7). Delle 15 che riguardano l’ambiente, 14 sono per violazione del diritto dell’Unione e 1 per mancato recepimento.
Secondo un’analisi condotta dall’Arpa Toscana Arpat, il settore ambientale è tra l’altro l’ambito nel quale si registra il maggior numero di condanne al pagamento di sanzioni pecuniarie; solo le 3 condanne che riguardano la gestione delle acque reflue, la messa in sicurezza di discariche e lo smaltimento e recupero dei rifiuti hanno comportato, tra febbraio 2015 e luglio 2022, un esborso complessivo di 697.313.586 euro a titolo di sanzioni fisse e di mora a carico del bilancio dello Stato. Si tratta di risorse che vengono sottratte dal bilancio pubblico e che potrebbero essere impiegate in altro modo nell’interesse della collettività.
Le procedure pendenti sulla qualità dell'aria
Tra le procedure pendenti, particolare rilevanza assumono quelle in materia di aria: la direttiva 2008/50 relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è infatti oggetto di ben tre infrazioni, per i tre inquinanti Pm10, Pm2,5 e biossido di azoto.
La prima infrazione, 2014/2147, si concretizza nel 2020 nella sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 644/18); secondo la Commissione, dal 2008 al 2017 incluso, l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle Pm10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto di tali valori nell’insieme delle zone interessate, in particolare i piani per la qualità dell’aria che prevedano misure appropriate affinché il superamento dei valori limite fosse il più breve possibile.
Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.
La seconda infrazione, 2015/2043, si concretizza nel 2022 nella sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantirne il rispetto dei valori limite. La Sentenza fa riferimento al limite previsto dalla normativa per la media annua del biossido di azoto pari a 40 microgrammi per metro cubo; il periodo interessato dalla sentenza è quello che va continuativamente dal 2010 al 2018 per le aree urbane di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Genova, Firenze e Roma e, per periodi più ridotti, per Catania e zone industriali della provincia di Reggio Emilia.
Nel 2020 la Commissione dà avvio all’ultima procedura di infrazione (2020/2299) relativamente al Pm2,5. Fin dal 2015, infatti, il valore limite per il Pm2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po, tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano. Inoltre, le misure previste dall’Italia non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.
La lotta italiana contro lo smog
Tra le varie iniziative introdotte dall’Italia per la risoluzione delle tre procedure ricordiamo il Protocollo antismog del 2019 che prevede, tra le varie misure, “almeno fino alla chiusura delle procedure di infrazione relativa ai valori limite del Pm10 e del biossido di azoto sul territorio nazionale, misure di incentivazione per la sostituzione degli impianti termici esistenti alimentati a biomassa con nuovi impianti termici alimentati a biomassa” e l’impegno ad “accelerare l’uscita dal carbone per le centrali termoelettriche che ricadono nelle aree oggetto delle procedure di infrazione”. Inoltre c’è l’adozione degli accordi di programma tra Stato, Regioni e Province autonome per il miglioramento della qualità dell’aria (si veda ad esempio quello toscano sottoscritto nel 2020).
Il decreto legge 69/2023, che intende agevolare la chiusura di diverse procedure e prevenire l’apertura di nuove, ha previsto misure anche per superare le tre infrazioni in materia di qualità dell’aria, come quelle indicate agli articoli 9, che modificando il codice della strada consente alle Regioni e alle Province autonome di stabilire riduzioni, anche permanenti, della velocità di circolazione sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali, limitatamente ai tratti che attraversano centri abitati, al fine di ridurre le emissioni inquinanti connesse ai trasporti. L’articolo introduce, inoltre, la possibilità, per i comuni, di stabilire diversi tempi di permanenza massimi all’interno di una determinata Ztl, anche differenziati in relazione alle categorie di veicoli o utenti.
Che cosa fa la Toscana
L’Analisi dell’Arpat ricorda gli interventi condotti dalla Regione Toscana per ridurre l’inquinamento dell’aria. Tra l’altro va ricordata la legge regionale 74/2019 “che ha introdotto misure urgenti, rafforzative delle azioni dello stesso PRQA, finalizzate alla risoluzione delle procedure di infrazione, da adottarsi con deliberazione della Giunta regionale (vedi Dgr 907/2020 e Dgr 1075/2021). Ricordiamo infine la Dgr 228/2023, che all'allegato 6 prevede azioni obbligatorie per i comuni che si trovano nelle aree di superamento, e la Dgr 832/2023 che modifica ed integra l’accordo di programma sottoscritto con il ministro dell’ambiente nel 2020 individuando ulteriori interventi da porre in essere per migliorare la qualità dell’aria, in particolare relativi alla mobilità a basse emissioni e mobilità dolce, ai sistemi di riscaldamento domestico a ridotte emissioni e ai sistemi di promozione della mobilità ciclistica.
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