Clima. Lo strappo di Trump. I commenti in Italia e le associazioni
Da Galletti fino al Wwf, alcuni dei pareri sulla scelta statunitense di uscire dall’Accordo di Parigi. Autolesionismo Usa
Il ministro Galletti – Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti afferma: “Dico con molta chiarezza che l'Italia, come credo tutta l'Europa, andrà avanti sull'accordo di Parigi, anche con maggiore spinta. Indietro non si torna. Non so quanto lo seguiranno i cittadini e quanto lo seguirà il mondo economico su questa posizione, perché fare politica ambientale oggi conviene anche alle aziende, è una questione di competitività non soltanto ambientale. La scelta dell'amministrazione Trump di uscire dall'accordo di Parigi è pericolosa perché rende estremamente più complicata la lotta al surriscaldamento globale e ai danni che questo determina al Pianeta. Non ci nascondiamo dietro l'evidente: ora tutto si complica, ma diventa ancor più necessario. Restano tanti punti che ci uniscono agli amici americani anche in campo ambientale e lo vedremo al nostro G7 di Bologna: ma la collaborazione, come ci ha ricordato oggi il Presidente Mattarella, è l'unica strada possibile in ambiente. L'isolamento porta invece sempre e comunque alla sconfitta".
Ermete Realacci - "La posizione di Trump sul clima è ideologica e può danneggiare gli Stati Uniti anche sul terreno economico e della leadership. Se dovesse sfilarsi dagli accordi di Parigi, o comunque assumere una posizione ambigua e frenante, aprirebbe uno spazio enorme alla Cina. A maggior ragione l'Europa di Merkel, Macron e Gentiloni che abbiamo visto a Taormina3 deve essere in prima fila sui temi del clima e dello sviluppo sostenibile. Un profilo che potrebbe manifestarsi sin dal prossimo G20 di Amburgo”, afferma Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, commentando la posizione di Trump sul clima.
Gianni Silvestrini - Uscire dagli Accordi di Parigi è una decisione ideologica che si ritorcerà contro gli interessi Usa. Questo è quanto afferma Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, che insiste: “Prevedo che si allargherà un altro fronte di resistenza come non si vede dai tempi della guerra del Vietnam. Gli altri Paesi, ad iniziare da Cina e India, numero uno e tre per emissioni prodotte, stanno facendo molto di più di quanto promesso a Parigi. L'Europa adesso deve alzare il livello dell'impegno di riduzione al 2030 delle emissioni climalteranti passando dal 40 al 45% rispetto al 1990”.
Simone Molteni (Lifegate) - Secondo Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, lo strappo di Trump non aprirebbe scenari drammatici, anzi. Paradossalmente, potrebbe provocare un'accelerazione globale nelle politiche di contenimento delle emissioni e negli investimenti in energie pulite sotto la spinta di un'opinione pubblica mondiale sempre più motivata a scelte e comportamenti sostenibili. "Ogni scelta di Trump in campo ambientale è stata una sciagura inaudita. Ma il seme di positivo risiede proprio nella sfacciataggine con cui Trump affronta il problema, facendosi beffe di scienza e buon senso: lo fa apertamente e con arroganza. È proprio questo che sta facendo reagire la società, facendo scattare anticorpi finora dormienti. Milioni di persone che non si sono mai mobilitate attivamente per la causa ambientale oggi sono spinte a reagire, a prendere posizione e scendere in strada per protestare. Se ognuno di loro migliorasse il proprio stile di vita anche solo del 20% avremmo già vinto la battaglia."
Il Wwf - Manuel-Pulgar Vidal, il leader mondiale WWF per Clima ed Energia, ha dichiarato: "Una corsa verso il basso quando si tratta dei nostri sforzi per ridurre l'inquinamento da carbonio non procura benefici a nessuno, perché il cambiamento climatico colpisce tutti. Città, stati, aziende e comunità, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, sostengono l'azione sul clima e stanno già contribuendo, partendo dal basso, alla creazione di economie a basse emissioni di carbone. Fortunatamente l'Accordo di Parigi è più grande di qualsiasi nazione o governo”.
Greenpeace - "Uscire dagli accordi di Parigi marginalizzerà gli Stati Uniti. È una decisione moralmente deplorevole, di cui Trump si pentirà. Agire in difesa del clima non è tema di un dibattito politico, ma un imperativo per salvaguardare il Pianeta e chi lo abita" dichiara Jennifer Morgan, direttore esecutivo di Greenpeace International. "Stiamo assistendo ad un cambiamento di portata storica, con Europa, Cina ed altri Paesi che stanno guidando la rivoluzione energetica, e sempre più lo faranno. Quasi 200 Paesi si sono impegnati due anni fa a Parigi in difesa del clima, e solamente uno ha deciso di tirarsi indietro: è evidente quanto Trump sia lontano dal resto del mondo. Mentre la Cina cancella le centrali a carbone, Trump cancella le azioni in difesa del clima: stanno cambiando gli equilibri del mondo. La rivoluzione energetica è destinata a continuare, con i leader del resto del mondo, migliaia di aziende e i cittadini che compiono grandi passi avanti" afferma Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.