Emergenza finita, aspirata una tonnellata di petrolio dal mare di Gela
L’Eni chiede scusa dopo lo sversamento dall’impianto siciliano Topping 1. I precedenti del 2003 e del 2008. La regione chiede chiarezza
Sono terminate a Gela le operazioni di bonifica per recuperare il petrolio fuoruscito, per un guasto tecnico, dall’impianto Topping 1 della raffineria dell’Eni. Campioni d’acqua e di sabbia sono stati prelevati dalla Guardia costiera e sottoposti ad analisi di laboratorio, per accertare la presenza di elementi inquinanti. Prosegue, intanto, anche la bonifica dell’alveo nel tratto terminale del fiume Gela, fino alla foce, che è stato investito dalla massa di greggio (una tonnellata) in emulsione con acqua di mare proveniente dallo scambiatore in avaria dell’impianto di distillazione primaria del petrolio, fermato dopo l’incidente e posto sotto sequestro dalla magistratura.
Le indagini sono state affidate alla Capitaneria di porto, che ha schierato i mezzi antinquinamento per eliminare gli ultimi residui di petrolio. Nel registro degli indagati, come atto dovuto, sono stati iscritti la società Raffineria di Gela e il responsabile di settore, “in attesa di meglio accertare – si legge in una nota – eventuali ulteriori responsabilità personali e amministrative in merito ai reati previsti dal codice dell’ambiente, nonché per danneggiamento aggravato e disastro innominato colposo”.
Nella zona circoscritta sono stati rimossi circa 25 metri cubi di materiale.
“Siamo dispiaciuti” – “Siamo dispiaciuti e chiediamo scusa alla città di Gela per quello che è accaduto. Eventi come questi danneggiano anche noi, come società e come gruppo”. Bernardo Casa, amministratore delegato della Raffineria di Gela, azienda del gruppo Eni, ha voluto chiudere così, ammettendo le responsabilità, la vicenda dell’incidente di martedì scorso.
I precedenti – Il presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta, ha convocato giovedì scorso un incontro con l’Eni, l’Asp, l’Arpa, l’assessorato alla Salute e al territorio e ambiente per approfondire le cause dell’incidente. “Da tempo, per Gela, sono state concesse le autorizzazioni ambientali, regionali e nazionali, necessarie per rafforzare la sicurezza degli impianti – ha detto Crocetta. – L’Eni ha sempre assicurato che tali investimenti sarebbero stati realizzati al più presto possibile, mentre non si riesce ad avere un crono programma preciso. I gruppi industriali petroliferi dovrebbero cominciare a dirci con chiarezza cosa intendono fare rispetto a impianti che hanno bisogno di tanti investimenti e manutenzioni straordinarie, per renderli compatibili con il rispetto dell’ambiente e la sicurezza e la salute dei cittadini”.
Anche Legambiente chiede misure più stringenti di controllo. Già nel 2003, ricordano gli ambientalisti, fu denunciato un avvenimento quasi identico e nel 2008 la magistratura pose sotto sequestro i serbatoi “colabrodo”.