Emissioni in movimento. I biocarburanti alla soia danneggiano l’Amazzonia? Una denuncia di T&E
Secondo T&E l’utilizzo di soia nei biocarburanti sta portando l’Amazzonia vicina al punto di non ritorno. In Italia si usano ricino, croton e olio di cotone
L’organizzazione Transport & Environment ha presentato un nuovo rapporto che denuncia “il problema della crescita dell’utilizzo della soia per la produzione di biocarburanti e come la politica europea in materia stia contribuendo al collasso finale dell'Amazzonia”.
Secondo l’organizzazione, “è necessario che l’UE adotti urgentemente misure con effetto immediato sulla protezione dell’Amazzonia, tramite le sue politiche che regolano la scelta delle materie prime per i biocarburanti utilizzati. Le istituzioni dell'UE discuteranno di questi temi nel contesto del trilogo relativo alla revisione della Direttiva Energie Rinnovabili II (RED II) che si terrà dal 7 al 9 novembre”.
I principali risultati del documento
Secondo T&E, quasi un quinto di tutto l'olio di soia prodotto nel 2020 è stato destinato ai biocarburanti, una quantità tre volte maggiore rispetto al 2005. Nello stesso periodo, la produzione di olio di soia per uso alimentare è aumentata solo della metà. L’olio di soia è una risorsa preziosa, che potrebbe essere utilizzata a scopo alimentare o per produrre saponi o prodotti chimici, ma viene invece sempre più spesso processata in biodiesel da bruciare in motori a combustione.
Il prezzo dell'olio di soia è quasi raddoppiato dal 2020 al 2021, e l'aumento della domanda di biocarburanti di soia è un driver importante di questo aumento. Questa crescita supera di gran lunga quella registrata per il secondo principale prodotto dei semi di soia, la farina di soia, utilizzata per l'alimentazione animale. Per conseguenza, il contributo dell'olio di soia ai ricavi dell'industria della lavorazione dei semi è passato dal 30% (2015-2019) a oltre il 40% nei primi 8 mesi del 2022.
Gli anni di devastazione
La deforestazione dell’Amazzonia ha avuto le devastazioni più intense negli anni ’90 fino al 2006, con tassi di abbattimenti ancora insuperati. Gli anni peggiori sono stati il 1995, il 2002, il 2003 e il 2004. Il documento di T&E limita l’analisi agli anni successivi, e rileva che nel 2021 la deforestazione dell'Amazzonia ha raggiunto il picco massimo degli ultimi 15 anni, e nel 2022 da gennaio e agosto l’abbattimento di foresta è stato superiore a qualsiasi altro periodo dopo il 2008.
“A guidare questo fenomeno è la devastante conversione della natura in terreni agricoli industriali, destinati al pascolo del bestiame e alle coltivazioni”, dice l’organizzazione. L’Italia, specifica Transport&Environment, produce solo il 4% del biodiesel da olio di soia, tuttavia teme che questa materia prima possa rischiare di “diventare il possibile sostituto all’olio di palma, il cui impiego, in Italia, dovrebbe interrompersi nel 2023”.
Carlo Tritto di T&E Italia afferma: “In Italia l’esclusione della palma è già prevista per legge nel 2023, e l'impiego della soia è residuale. Questo dovrebbe suggerire chiaramente al governo italiano da che parte schierarsi in sede Ue”.
Innovazioni tecnologiche
Va aggiunto che per fortuna alcune settimane fa il principale produttore di biocarburanti, l’Eni, ha annunciato di avere sospeso del tutto l’uso di olio di palma nelle bioraffinerie di Gela e Marghera; ora fa ricorso a grassi non alimentari come ricino, croton e olio dei semi di cotone coltivati in terreni marginali Kenia e a scarti oleosi.