Finanza verde. Allarme di Finance Watch: il petrolio rischia una nuova “crisi Lehman”
Secondo il rapporto dell’ong, l’inevitabile transizione verso un’economia sostenibile deprezzerà il valore degli investimenti in combustibili fossili delle principali banche al mondo
L’ong finanziaria Finance Watch stima che, senza dei necessari aumenti di capitale, la svalutazione degli asset legati la petrolio potrebbe destabilizzare il sistema finanziario mondiale e causare una crisi simile a quella del 2008. Il nuovo rapporto di Finance Watch afferma che le 60 banche più grandi al mondo avrebbero un’esposizione di circa 1,35 trilioni di dollari ad asset legati ai combustibili fossili. I combustibili fossili parrebbero essere il principale fattore di accelerazione del cambiamento climatico, e molti asset legati ai combustibili fossili saranno abbandonati prima che termini la loro vita economica nel percorso di transizione verso un’economia sostenibile. In altre parole, questi beni potrebbero svalutarsi, trasformandosi in attivi non recuperabili, i cosiddetti “stranded asset”. E le banche che li hanno finanziati rischiano di subire perdite. Se aggiungiamo a queste perdite finanziarie i danni cagionati dagli eventi catastrofici attribuiti al cambiamento climatico, la conseguente destabilizzazione dell’intero sistema finanziario potrebbe sfociare in un’altra crisi finanziaria.
Lo studio afferma, inoltre, che l’esposizione delle banche globali ai soli asset legati ai combustibili fossili - escludendo i settori ad alte emissioni a valle della filiera - potrebbe essere quasi equivalente all’esposizione dell’intero sistema finanziario ai mutui subprime prima della crisi finanziaria globale del 2007-2008.
Benché gli asset legati ai combustibili fossili e quelli connessi ai mutui subprime presentino evidenti differenze strutturali, la situazione attuale pare presentare comunque delle analogie con quella di allora. Benoît Lallemand, segretario generale di Finance Watch, ha affermato: “Poiché i rischi finanziari legati al clima crescono proporzionalmente al tempo di inazione, se in futuro dovessero concretizzarsi in modo improvviso darebbero luogo a una sorta di “effetto Lehman” climatico. In tutto il sistema si evidenzia una tendenza allo scarico di responsabilità, in cui governi, responsabili delle politiche monetarie e fiscali, organi di vigilanza, agenzie di rating, imprese e istituzioni finanziarie accusano le altre parti di inerzia”.
Attualmente, i rischi associati agli asset legati ai combustibili fossili sembrano sottovalutati, in quanto la regolamentazione vigente non obbliga le banche ad accantonare fondi sufficienti a coprire potenziali perdite di valore di questi asset. In caso di crash bancario, il costo delle operazioni di salvataggio ricadrebbe sui contribuenti, invece di essere assorbito dal mercato. Per di più, il trasferimento del rischio assume le sembianze di una “sovvenzione implicita”: in assenza di un’adeguata regolamentazione, le condizioni di finanziamento sono mantenute artificialmente favorevoli, e così il settore bancario fornisce un sussidio annuo all’industria dei combustibili fossili stimato in 18 miliardi di dollari
Per contribuire a risolvere il problema, Finance Watch esorta le autorità normative ad adeguare i requisiti patrimoniali delle banche in base alla loro esposizione ai combustibili fossili. Questo sarebbe un importante punto di partenza per affrontare i rischi finanziari legati al clima che pesano sui bilanci delle banche.
Secondo i nuovi dati del rapporto di Finance Watch, sarebbe necessario un capitale supplementare compreso tra 157 e 210,2 miliardi di dollari per le 60 banche globali, ivi incluse le 28 banche considerate di importanza sistemica per la stabilità finanziaria globale e le 22 principali banche europee in termini di asset.
Per leggere il rapporto: https://www.finance-watch.org/public...