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Greenwashing. Le vanterie ambientali: i giudici stoppano una pubblicità pseudo-verde

where Gorizia when Lun, 13/12/2021 who roberto

“Dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”

Prima ordinanza cautelare di un greenwashing.jpgTribunale Italiano (e tra le prime in Europa) in materia greenwashing: ad emetterla il Tribunale di Gorizia in seguito a un ricorso d’urgenza presentato da Alcantara nei confronti di una società friulana che commercializza il materiale di rivestimento Dinamica, utilizzato anche su alcuni modelli di auto, contro il quale Alcantara ha fatto causa e ha vinto. Su questo caso e relativa ordinanza emessa dal Tribunale di Gorizia, si è parlato in una conferenza stampa organizzata da Save the Planet, associazione no profit che nasce con lo scopo di promuovere progetti, azioni e soluzioni concrete per aiutare il pianeta e tutelare l’ambiente. Ricordando “l'impegno di Save the Planet per una “transizione ecologica reale e non di facciata” la presidente Elena Stoppioni spiega che proprio per questo “l’iniziativa realizzata con Alcantara può diventare una prima, fondamentale case history che in tema di greenwashing può essere caso di giurisprudenza”.
 
I dettagli dell’ordinanza
Il Tribunale di Gorizia ha, innanzitutto, rilevato che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”, aggiungendo che le “dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.
 
La pubblicità contestata
Sulla base di tali principi, oltre che al potenziale pericolo per la ricorrente Alcantara, il Tribunale ha ordinato all’azienda friulana la cessazione della diffusione dei seguenti claim: “La prima microfibra sostenibile e riciclabile”, “100% riciclabile”, “Riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%”, “Amica dell’ambiente”, “Scelta naturale” e “Microfibra ecologica” e di “informazioni non verificabili ed ingannevoli sul contenuto di materiale riciclato del prodotto”.
Il Tribunale ha, inoltre, ordinato la pubblicazione della decisione sul sito della società e l’invio dell’ordinanza ad alcuni clienti della stessa.
Con riferimento ai claim “microfibra ecologica”, “amica dell’ambiente” e “scelta naturale” il Tribunale di Gorizia ha affermato che "i messaggi pubblicitari denunciati da parte ricorrente sono sicuramente molto generici e sicuramente creano nel consumatore un’immagine green dell’azienda, senza peraltro dar conto effettivamente di quali siano le politiche aziendali che consentono un maggior rispetto dell’ambiente e riducano fattivamente l’impatto che la produzione e commercializzazione di un materiale di derivazione petrolifera possano determinare in senso positivo sull’ambiente e sul suo rispetto", aggiungendo che "alcuni concetti riportati trovano smentita nella stessa composizione e derivazione del materiale", considerando peraltro "che risulta difficile supporre che possa essere considerata una fibra naturale".
 
Il commento di Save the Planet
Save the Planet ha, inoltre, sottolineato come non è tutto green quello che viene presentato come tale e i danni, in termini di concorrenza, possono essere elevati. Secondo un recente studio condotto da McKinsey, infatti, sono circa il 70% i consumatori che, nelle loro scelte di acquisto, sono pronti a optare per prodotti eco-friendly rispetto a quelli tradizionali, anche pagando prezzi più elevati. È evidente quindi come eventuali dichiarazioni non veritiere sul fronte green non solo danneggiano la competitività delle aziende più rigorose, ma sono in grado di influenzare i comportamenti dei consumatori, ingannandoli. E il danno può essere anche di carattere strettamente finanziario poiché le obbligazioni “green” - nelle stime di S&P - a fine 2021 potrebbero superare i 1000 miliardi di dollari. È una massa enorme di risorse a cui le aziende possono attingere. È necessario, tuttavia, che il processo decisionale sia liberato da ogni ingannevole comunicazione di greenwashing. Secondo un sondaggio di Quilter, questa è la principale preoccupazione per quasi metà degli investitori (44%).
"Come Save the Planet”, ricorda Elena Stoppioni, “abbiamo costituito una commissione di appositi esperti che avranno il compito di vagliare e monitorare possibili azioni di greenwashing e, quindi, di comunicazioni scorrette verso i consumatori in termini di sostenibilità. Abbiamo attivato una community sul nostro sito per segnalare potenziali pratiche di questo tipo, anche in forma anonima. Sarà poi cura della nostra commissione valutare se ci saranno gli estremi per un procedimento, previa richiesta di eventuali integrazioni al segnalato". "Abbiamo bisogno di distinguere ciò che è green da ciò che è greenwashing per alzare il livello dell’azione ed evitare che il tema della sostenibilità sia solo una vetrina per la comunicazione e di good reputation delle aziende" conclude la Stoppioni.
 
Il commento dell’avvocato
Di qui la necessità di chiarezza e l'ordinanza del Tribunale di Gorizia può rappresentare un vero punto di svolta. Come sottolinea l’avvocato Gianluca De Cristofaro, socio di LCA Studio Legale, che ha assistito Alcantara nel procedimento cautelare, "dopo le decisioni dell’Antitrust e del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria, anche la magistratura ordinaria ha affermato che la sensibilità dei consumatori verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da una impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto del consumatore". Pertanto - continua il legale - è importante, come affermato dalla decisione, che "le dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere e accurate, e basate su dati scientifici".
 
Il commento dei produttori

Anche per Antonello Ciotti, presidente Cpme (Associazione Europea dei produttori di Poliestere) questa ordinanza, "che inibisce la comunicazione e la diffusione di qualsiasi informazione non verificabile sul contenuto della percentuale di riciclo, è una pietra miliare verso una giusta eliminazione di tutti i comportamenti scorretti che possono tradire la fiducia dei consumatori oltre che ingenerare concorrenza sleale”. Ciotti, inoltre, punta l'accento sulle problematiche aperte dal concetto di 'materiale riciclato', tanto più che - per toccare un prodotto di larghissimo consumo - la direttiva europea sulla plastica "richiede entro il 2025 che in ogni Paese membro dell’EU, ogni bottiglia contenga almeno il 25% di PET riciclato". Di qui, sottolinea, davanti al rischio di "dichiarazioni che possono alterare la leale concorrenza oltre che ingannare il consumatore, c’è la necessità di ricorrere a best practices riconosciute a livello internazionale per definire esattamente il contenuto di riciclato, specialmente in questa fase in cui il costo del materiale riciclato è di gran lunga superiore a quello vergine".

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