torna alla home
Visitaci anche su:

Notiziario ambiente energia on-line dal 1999

Il Plantigrado. Lupo ululì e la paura del mostro

where Treviso when Lun, 03/03/2025 who roberto

Per la rubrica “Il Plantigrado” prosegue la collaborazione del naturalista Fabio Chinellato con e-gazette. Perché abbiamo paura dei lupi? Quali leggende lo accompagnano, a cominciare da quella di un suo rinserimento artificiale (no, il lupo si è diffuso da solo). Intanto a Valstrona (Piemonte) si sarebbe tenuto un rito di esorcismo contro i lupi e che questo rito fosse collegato a un “convegno” sul lupo. E dalle profondità dell’oceano un altro mostro viene in superficie.
di Fabio Chinellato*

Ma perché abbiamo paura dei lupi? È una questione antropologicafabio-chinellato.jpg, me ne rendo conto, ma non mi spiego il motivo (imploro l’aiuto di antropologi lettori).
Il lupo cattivo, quello che si mangia i tre porcellini, che si mangia una anziana signora e – perfido – si traveste da nonna per papparsi anche la nipotina. I lupi che se ne stanno nel buio della foresta anche con la tormenta e la neve quando noi saremmo perduti, perché è appunto un tempo da lupi. I lupi che ululano alla luna (!!!) e ci fanno correre un brivido lungo la schiena.
Questo più o meno è ciò che la nostra cultura ci suggerisce come immagine di questi carnivori, e solo parzialmente sono servite le più o meno recenti operazioni-simpatia che hanno assegnato ad alcuni lupi un nome, delle virtù e dei buffi difetti che li rendessero meno temibili. Lupo Alberto, Ezechiele Lupo, Lupo de Lupis.
 
Non attacca
Viviamo nel 2025, terzo millennio iniziato da un quarto di secolo, figurati se crediamo ancora a leggende e superstizioni. Abbiamo capito che il lupo (Canis lupus) è un elemento importantissimo nell’ecologia delle foreste italiane e non solo, sappiamo che è una specie schiva e che non attacca l’uomo, o comunque che il rischio di essere attaccati da un lupo è ordini di grandezza inferiore rispetto al rischio di essere attaccati da un orso (specie che mi piace da morire, come forse ho fatto capire in passato, ma di cui riconosco la pericolosità in determinate situazioni). Siamo una civiltà evoluta, no?
O no?
Mi permetto sommessamente di dubitarne se mi capita di leggere che a Forno, frazione di Valstrona (Verbania-Cusano-Ossola, Piemonte) si sarebbe tenuto un rito di esorcismo contro i lupi e che questo rito fosse collegato a un “convegno” sul lupo.
Un esorcismo.
Contro i lupi.
“Vi esorcizzo pestiferi lupi…”
Non ho nulla contro i riti religiosi, non ho – soprattutto – nulla contro la paura. La paura è un sentimento normalissimo (e rilevante in chiave evolutiva), la paura non va mai contrastata con la derisione o con la sottovalutazione, specialmente se la paura è rivolta a qualcosa con cui dobbiamo o vogliamo convivere. I grandi carnivori ne sono un esempio splendido.
 
Un animale complesso
I carnivori, in particolare il lupo, associano la paurosa nomea alla realtà di specie fragili, che hanno molte necessità ecologiche per riuscire a sopravvivere: il lupo ha bisogno di habitat sufficientemente grandi e complessi da includere prede, siti di riposo e riproduzione non disturbati, connessioni per potersi spostare serenamente.
All’immagine di belva sanguinaria e solitaria si oppone la realtà di un animale con complicatissime dinamiche sociali, cure familiari, coordinamento di intenti e gerarchia.
All’idea di belva antropofaga contrappone una storia di persecuzioni e scomparsa da tutti (o quasi) i luoghi in cui l’uomo ha deciso di muovergli guerra. In Italia, a metà ‘900, erano rimasti pochissimi esemplari confinati all’appennino centro-meridionale. Solo la volontà di smettere la persecuzione (assieme alla capacità di adattamento della specie e al progressivo abbandono delle aree montane da parte nostra) ha consentito una rapida e inarrestabile espansione, totalmente naturale (no, nessun lupo è mai stato reinserito in Italia. Da nessuna parte).
 
Il pesce brutto
Qualche giorno fa una storia per me simile, pur ecologicamente distante, ha tenuto banco sui vari social: uno strano pesce delle profondità abissali dall’inquietante nome di Diavolo Nero (Melanocetus johnsonii) è stato ripreso da un sub mentre saliva in superficie a Tenerife.
Le immagini mostravano questo pesce dai denti aguzzi, nero sullo sfondo azzurrissimo dell’acqua, si sono moltiplicate le foto di questo “mostro degli abissi”, molti hanno espresso preoccupazione, pensa se ti trovi davanti un mostro del genere mentre nuoti!
Quello che mancava nelle immagini era una prospettiva.
Quel temibile mostro era grande pochi centimetri, stava comodamente nella mano di un veterinario, era in superficie per puro caso (catturato da una corrente ascensionale mentre era in fuga da un predatore magari).
La prospettiva ha cambiato la narrazione.
Conoscere meglio ha cambiato il modo di porsi.
Chissà se anche per i lupi può funzionare.
 
(*) Dottore forestale, zoologo e naturalista

immagini
fabio-chinellato