Processi ambientali: chiesto il processo per i tetti d’Eternit all’Olivetti
Anche l’azienda di Ivrea aveva coperture e altre componenti realizzate con amiantocemento
La Procura di Ivrea ha chiesto il rinvio a giudizio per le morti da amianto negli stabilimenti della Olivetti per trentatré persone che, a partire dagli anni Sessanta, hanno ricoperto incarichi dirigenziali e di vertice nella società.
I pm Laura Longo e Lorenzo Boscagli, della Procura di Ivrea, hanno chiesto il rinvio a giudizio per Carlo De Benedetti, che fu amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione dal 1978 al 1996, il fratello Franco, i figli Marco e Rodolfo, e poi l'ex ministro Corrado Passera e, con la sola accusa di lesioni colpose, l'imprenditore Roberto Colaninno.
Si procede per la morte di quattordici ex lavoratori, dovuta secondo l'indagine al contatto con le fibre d'amianto, e per un caso di lesioni colpose.
"Carlo De Benedetti insiste nel ribadire la propria estraneità ai fatti contestati - si legge in una nota diffusa dal suo portavoce - e ha fiducia che di fronte al giudice per l'udienza preliminare possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all'interno dell'articolato assetto aziendale di Olivetti. La corposa indagine dei Pubblici Ministeri, che deve essere ancora sottoposta al vaglio di un giudice, si basa su mere ipotesi come dimostra il coinvolgimento di persone che non avevano alcuna responsabilità operativa nella società".
"Nel periodo di permanenza in azienda – dice l’azienda - l'Olivetti ha sempre prestato la massima attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell'epoca".
Reazione analoga quella di Roberto Colaninno, amministratore delegato a partire dal 1996, alla cui attenzione "non è mai stata portata alcuna problematica relativa alla presenza di amianto nei luoghi di lavoro". L'inchiesta disegna, per la storica fabbrica di macchine da scrivere fondata nel 1908 da Camillo Olivetti e poi diventata un'industria di elettronica e informatica, un panorama di violazioni nelle norme in materia di sicurezza. Il procuratore di Ivrea, Giuseppe Ferrando, parla di "carenze nella prevenzione".
L'amianto si annidava nel talco utilizzato per il montaggio degli apparecchi e soprattutto in vari punti degli stessi capannoni, fra le tubature a vista e i rivestimenti di pareti e soffitti. La manutenzione non era accurata, le fibre si disperdevano nell'ambiente e i lavoratori, privi di adeguate informazioni, non venivano dotati di mezzi di protezione personale sufficienti.
Non si ammalarono soltanto operai, elettricisti, addetti alla verniciatura o ai trattamenti termici: c'è anche il caso (lesioni colpose) di un’impiegata amministrativa colpita da un mesotelioma "insanabile".
Il tribunale fisserà nelle prossime settimane l'udienza preliminare, con la citazione degli imputati e delle persone offese. In quella sede potranno essere presentate le richieste di costituzione di parte civile.