Salvare Venezia. Ecco come Italia Nostra contesta l’Unesco
Le contraddizioni su “Venezia e la sua Laguna” secondo Antonella Caroli e Alvise Benedetti: “Ancora una volta l’Unesco ha scelto di non proteggere il suo sito "Venice and its Lagoon”
Il dibattito su Venezia, sempre più divertimentificio, e sul ruolo dell’Unesco si arricchisce della voce di Italia Nostra. Ecco il loro documento firmato da Antonella Caroli, presidente di Italia Nostra, e da Alvise Benedetti, presidente della sezione di Venezia dell’associazione.
“Ancora una volta l’Unesco ha scelto di non proteggere il suo sito Venice and its Lagoon. Un emendamento proposto dall’ambasciatore del Giappone e sostenuto da Oman, India, Etiopia, Mali, Grecia, Bulgaria, Sudafrica, Qatar, Argentina, Messico, Saint Vincent and Grenadine, Sud Arabia, Ruanda, Zambia, Egitto, Nigeria, Thailandia, Belgio ha rovesciato – come è accaduto sempre in questa 45a sessione per ogni decisione non gradita agli Stati nazionali – tutte le proposte di decisioni e i pareri degli organi tecnici consultivi.
“Gli Stati intervenuti nelle discussioni sui siti hanno infatti mostrato più attenzione alla crescita economica e ai problemi legati all’approvvigionamento energetico che alla salvaguardia del patrimonio culturale e naturale. Lo scopo delle sessioni dell’Unesco sarebbe invece allontanare i grandi progetti infrastrutturali di grande impatto, lo sfruttamento turistico, le cavazioni etc. e proporre piani di conservazione e un percorso di sviluppo che tenga conto delle specificità dei contesti nei luoghi che gli Stati sottoscrittori si erano impegnati a salvaguardare. È un altro esempio di come, da un’idea iniziale con ampia visione, ormai sia passato a soddisfare politiche di basso profilo e di interessi soggettivi".
“Per quanto riguarda Venezia, gli organi tecnici solo consultivi dell’Unesco e del Segretariato hanno delineato con precisione un quadro fosco dello stato di conservazione del sito, a loro ben noto, sintetizzato in quattro punti:
1. declino del numero dei residenti che condanna il sito all’inautenticità;
2. mancanza di seria pianificazione per i progetti infrastrutturali;
3. interventi che potenzialmente alterano la morfologia lagunare;
4. aumento del livello marino a seguito del cambiamento climatico.
Pertanto, hanno perorato l’iscrizione nella Danger List, non per punire l’Italia, ma per garantire al sito una più ampia tutela e "per mobilitare la comunità internazionale per trovare soluzioni ai problemi di Venezia".
“Alla voce allarmata degli Advisory Bodies e del Segretariato facevano da contraltare dichiarazioni rosee e al di fuori della realtà di molti Stati, che elogiavano l’Italia e il Comune per le misure adottate per preservare Venezia, Laguna e gli abitanti, in primis del Giappone, proponente un emendamento che capovolgeva i pareri tecnici. Nel corso della votazione (cui ricordiamo partecipano solo i 21 rappresentanti degli Stati mentre gli organi tecnici non hanno voce), si sono aggiunti tutti gli altri ad eccezione della Russia, e la decisione è passata "as emended".
“Ogni sessione, dunque, è un passo avanti nello strapotere delle delegazioni diplomatiche degli Stati (anche il ruolo dei delegati delle Ong è diventato inesistente: da quest’anno possono intervenire solamente a decisione già ratificata) e verso la distruzione della credibilità e affidabilità della Convention e dell’Unesco. Un problema sollevato da molti analisti e anche da ex membri dello stesso World Heritage Centre”.