E se esplodessero i Campli Flegrei? Uno studio solleva un allarme nel mondo (ovunque ma non a Napoli)
Leggi la ricerca secondo cui il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della “caldera”. Ne scrivono i giornali esteri
E se esplodessero i Campi Flegrei? In che stato è il piano d’emergenza vulcanica per Napoli e per la sua area sismica in cui vivono (in estrema densità di popolazione) diversi milioni di persone e perché l’allarme risuona forte in tutto il mondo ma pare accolto con rassegnato fatalismo a Napoli?
Ma ecco i fatti. Il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei. Questo il risultato principale dello studio “Potential for rupture before eruption at Campi Flegrei caldera in southern Italy” pubblicato su Communications Earth and Environment di Nature, condotto da ricercatori dell’University College London (Ucl) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
Ne scrive allarmato perfino il quotidiano inglese The Guardian: “Parts of Italian volcano stretched nearly to breaking point, study finds. Campi Flegrei (Phlegraean Fields) near Naples is now in extremely dangerous state, say academic experts”. Qui l’articolo: https://www.theguardian.com/world/20....
Allarme: una fase “inelastica”
Dalla ricerca risulta che la crosta della caldera flegrea sta attraversando un progressivo passaggio da una fase “elastica” a una “inelastica”, cioè rigida.
“In quest’ultima fase”, afferma Christopher Kilburn dell’Ucl, “ogni aumento di sforzo associato al continuo sollevamento viene immediatamente liberato sotto forma di terremoti. Sulla base di nostre precedenti ricerche”, ricorda Kilburn, “nel 2016 avevamo ipotizzato l’incremento di sismicità, effettivamente verificatosi a partire dal 2019. Questo risultato ci ha incoraggiato a continuare sulla strada intrapresa e dimostra quanto sia importante studiare i Campi Flegrei attraverso questo nuovo approccio che ci dà informazioni sul livello di fratturazione della crosta”.
Il terreno si è gonfiato di 10 centimetri
“Lo studio”, afferma Stefano Carlino dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (Ingv-Ov), “evidenzia che, nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 cm a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto al 1984. Questo risultato suggerisce che, nel corso degli episodi di sollevamento della caldera dei decenni passati si sono progressivamente prodotte modifiche dello stato fisico della crosta e che questi cambiamenti non possono essere trascurati nello studio della dinamica vulcanica in atto e nelle sue evoluzioni future”.
A 3 chilometri di profondità
L’attività della caldera è causata da movimenti di fluidi che si troverebbero a circa 3 km di profondità e che potrebbero essere costituiti sia da magma che da gas di natura vulcanica. Secondo molti autori, inclusi quelli del presente lavoro, la causa dell’attuale sollevamento potrebbe essere di origine idrotermale, ma non è possibile escludere completamente un eventuale contributo magmatico.
“Nello studio”, afferma Stefania Danesi della Sezione di Bologna dell’Ingv, “dimostriamo che gli episodi di sollevamento ai Campi Flegrei dal 1950 a oggi devono essere considerati come fasi di un unico processo di lungo termine in cui la recente transizione da regime elastico a inelastico segna un passaggio rilevante”.
Gli autori ipotizzano quindi diverse evoluzioni della fase attuale.
“I nostri risultati”, osserva Nicola Alessandro Pino dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (Ingv-OV), “sono basati sull’elaborazione di un modello scientifico in cui i parametri osservati permettono di ipotizzare scenari di evoluzione della fratturazione delle rocce e quindi della sismicità. Nello scenario più critico, la persistenza del regime inelastico potrebbe portare alla rapida fratturazione degli strati crostali più superficiali, con precursori che potrebbero essere meno intensi di quanto generalmente attesi in caso di risalita di magma.
Lo studio https://www.nature.com/articles/s432...
Qui l’articolo del Guardian: https://www.theguardian.com/world/20...