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Per tutti gli isotopi! Il deposito dei rifiuti radioattivi spiegato da Pichetto in persona

where Roma when Lun, 21/10/2024 who roberto

Ecco l’intervento del ministro dell’Ambiente ascoltato l’altra settimana dalla commissione ambiente e attività produttive della Camera durante l’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione

Pubblichiamo una parte dell’interventosustnuclear-wastestory-creditmase_0.jpg che il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, ha pronunciato l’altra settimana alla commissione ambiente e attività produttive della Camera durante l’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.
 
Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi
Faccio ora un punto sullo stato di avanzamento dell’iter per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, una infrastruttura cruciale per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi del nostro Paese.
Parto da una premessa importante: la gestione sicura dei rifiuti radioattivi è un obbligo che l'Italia ha non soltanto nei confronti dell’Unione europea, ma soprattutto nei confronti dei cittadini di oggi e delle generazioni future.
L'idea alla base del deposito nazionale, secondo la normativa vigente, è riunire in un unico sito tutti i rifiuti radioattivi presenti nel nostro Paese, garantendo così una gestione centralizzata ed efficiente.
Questo permetterà non soltanto di smaltire definitivamente in sicurezza i rifiuti a bassa e bassissima attività, ma consentirà anche di ottimizzare lo stoccaggio in sicurezza dei rifiuti ad alta attività, in attesa di trovare una soluzione definitiva a livello geologico per il loro smaltimento.
Lo smaltimento definitivo in un deposito geologico è peraltro uno dei motivi principali per cui l’Italia è da alcuni anni in procedura di infrazione con la Commissione europea.
È un passo cruciale per il nostro futuro, che dobbiamo affrontare con la massima serietà e trasparenza.
Mi rendo conto che soprattutto per i territori il percorso intrapreso è lungo e complesso, ma mi preme sottolineare che l’obiettivo è sempre stato rispettare le normative nazionali ed europee.
Come sapete la proposta di Cnai è il documento che individua le aree del territorio nazionale idonee a ospitare il deposito nazionale, e rappresenta il risultato di un lungo e attento lavoro di analisi condotto dalla Sogin.
Il processo di individuazione delle aree idonee è avvenuto con il massimo rigore scientifico e tecnico.
Sono stati adottati criteri stringenti per garantire che le aree individuate siano effettivamente adatte a ospitare l'infrastruttura.
Le aree individuate che, dopo la riperimetrazione, hanno mantenuto le dimensioni e i criteri di idoneità per la costruzione del deposito sono 51.
Sottolineo che quella pubblicata è ancora una proposta di Cnai, già sottoposta al parere dell’Isin, ma che non può essere considerata la Carta definitiva fino al completamento della procedura di valutazione ambientale strategica.
La Vas non solo potrà consentire alle amministrazioni locali di partecipare nuovamente al processo decisionale, ma potrà offrire l'opportunità di approfondire i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione del deposito nazionale.
Questo è un aspetto cruciale, poiché il deposito non rappresenta solo un'infrastruttura per la gestione in sicurezza, ma anche una opportunità di sviluppo per i territori coinvolti, come dimostrato dalle tante esperienze simili a livello europeo.
Solo al termine di questa fase, la Sogin potrà eventualmente aggiornare la Cnai sulla base delle considerazioni emerse durante la Vas.
E, soltanto dopo l'approvazione definitiva della Cnai si potrà avviare la procedura per acquisire eventuali manifestazioni di interesse da parte di Regioni ed enti locali.
La procedura di individuazione del sito sarà finalizzata dopo indagini tecniche, confronti con le amministrazioni locali e l’ultimo parere vincolante dell’Isin, l’autorità indipendente per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.
A quel punto si aprirà la fase autorizzativa finale, che comprenderà la valutazione di impatto ambientale (VIA) e il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del deposito nazionale.
In base alle stime attuali, ipotizzando che tutte le fasi procedurali vadano a buon fine, si potrà ottenere l'autorizzazione unica per il deposito nazionale nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039.
Questi tempi possono certamente sembrare lunghi, ma voglio sottolineare che la complessità del progetto e le esigenze di sicurezza richiedono un approccio estremamente cauto e rigoroso.
Chiaramente quando si parla di deposito di rifiuti radioattivi ci sono sempre grandi levate di scudi, come se fosse qualcosa di cui non vogliamo occuparci perché molto distante da noi, legato a un passato di produzione nucleare di cui vogliamo sbarazzarci anche solo nella memoria, come se fosse una quesitone che non ci tocca quotidianamente.
È importante invece ricordare che, senza uno o più depositi di rifiuti radioattivi, non potremo più usufruire neanche di tante terapie e diagnosi mediche che utilizziamo quotidianamente. Siamo disposti a rinunciare alle cure e alle analisi mediche perché queste normalmente producono rifiuti radioattivi?
In quest’ottica, in parallelo al lavoro per l’individuazione del sito per il deposito nazionale, negli ultimi tempi stiamo anche valutando soluzioni alternative, con pari livello di sicurezza, sulle quali stiamo effettuando le opportune analisi preliminari con la Sogin e l’Isin (l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione).
In Italia sono già dislocati diversi depositi di rifiuti radioattivi, dalla bassissima attività (compresi i rifiuti medicali) fino all’alta attività, incluso il combustibile nucleare esaurito.
(Sono 100 depositi su 22 siti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, perché in Italia si producono dai 300 ai 500 metri cubi di rifiuti medicali di bassa e media attività l’anno).
Spesso si tratta di strutture, presenti al Sud, al Centro e al Nord, isole comprese, con le quali il territorio convive da molti anni e che in alcuni casi necessitano semplicemente di un ammodernamento in termini strutturali e tecnologici.
L’idea che si sta valutando è ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole, sfruttando la possibilità di farlo in località potenzialmente già idonee alla gestione in sicurezza di rifiuti radioattivi, anche nell’ottica del rientro dall’estero dei rifiuti ad alta attività che lì si trovano per riprocessamento da diversi anni.
Un’altra importantissima analisi che stiamo conducendo riguarda la prospettiva dell’utilizzo degli AMR di quarta generazione, di cui già ho parlato, su alcuni dei quali l’Italia è in posizione privilegiata a livello mondiale poiché lavora da decenni su una particolare tecnologia di IV generazione che si basa sul raffreddamento a piombo liquido.
Questi reattori, che arriveranno sul mercato a cavallo degli anni ’40, saranno capaci di “bruciare le scorie” ad alta attività e lunga vita, nel senso di riutilizzarle come nuovo combustibile all’interno dei reattori, in un’ottica di vera economia circolare, riducendo fortemente il tempo di decadimento di queste scorie e conseguentemente riducendo o annullando la necessità di costruzione di un deposito geologico.
I rifiuti rimanenti passano da tempi di decadimento dall’ordine delle decine di migliaia di anni all’ordine del centinaio d’anni, ovvero lo stesso tempo necessario per il decadimento dei rifiuti destinati al deposito nazionale, compresi quelli medici.
L’affiancamento dei reattori AMR di IV generazione con gli Smr di III generazione avanzata potrebbe portare pertanto, tra i tanti, anche il vantaggio di chiudere il ciclo del combustibile e contribuire così alla sostenibilità dell’energia nucleare. Diversi Paesi in tutto il mondo stanno puntando sullo sviluppo di questi nuovi reattori.
E noi non vogliamo che l’Italia rimanga di nuovo indietro, creando un gap sempre più difficile da colmare.

 
Conclusioni
Disegnare un sistema energetico decarbonizzato non è affatto semplice, e farlo per un sistema con le caratteristiche territoriali, economiche e sociali come quelle del nostro Paese è ancora più complesso. Governarne la transizione è il tema principale da affrontare.
La decarbonizzazione è una sfida ardua, che coinvolge tutti, e per la quale non esiste “la” soluzione: sono convinto che sia necessario far leva su tutte le fonti di energia che la tecnologia ci mette a disposizione e valorizzarle nel modo migliore.
Tutto il lavoro fin qui descritto si inquadra in questa ottica e permetterà al nostro Paese, nel rispetto dell’ambiente e degli obiettivi definiti dall’Unione Europea, di affrontare la transizione ecologica mantenendo, e possibilmente aumentando, la competitività internazionale, la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e l’autonomia strategica, ancor più dopo gli eventi geopolitici che hanno dimostrato la fragilità e la dipendenza energetica dall’estero,  e che per i cittadini si sono manifestati in aumenti vertiginosi dei prezzi dell’energia.
Ripeto, senza alcuna preclusione ideologica dobbiamo comunque in modo realistico fare i conti con il futuro e il nucleare di nuova generazione può rappresentare per il nostro Paese un’opportunità considerato che vivremo l’inevitabile crescita della richiesta di energia, dovuta alla produzione industriale, al miglioramento delle condizioni di vita e all’aumento dell’utilizzo di risorse informatiche quali i data center e l’intelligenza artificiale.
Non riteniamo lungimirante escludere a priori questa fonte di approvvigionamento energetico stabile, sicura e decarbonizzata.
E non intendiamo neanche imporre tecnologie a priori perché ancora una volta sarà il mercato a definire la convenienza di una fonte energetica rispetto all’altra.
Il nostro dovere è agire con l’intento supremo di offrire alle famiglie e alle imprese italiane un approvvigionamento energetico che sia sicuro, pulito, resiliente, competitivo e naturalmente economico.

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