Alluminio/2. Miniere Urbane: Italia leader europeo nella produzione di alluminio da riciclo e da raffinazione
Nel settore dell’alluminio proveniente da raffinazione, l’Italia primeggia in Europa da oltre 10 anni: nel 2021 è stata ai massimi storici, raggiungendo quota 954 mila tonnellate
Il 79% dell’alluminio post-consumo è riciclato (era il 65% del 2005) e gli scarti pre-consumo hanno un tasso di riciclo quasi totalitario. Lo ha detto Duccio Bianchi – studioso di politiche ambientali - che ha presentato il suo dossier ‘Miniere Urbane’ nel corso della conferenza “Riciclo Alluminio: Italia leader in Europa. Rischi e opportunità nei nuovi scenari economici e normativi”, tenutasi a Roma e organizzata da CIAL.
Bianchi ha detto che nel prossimo futuro ci sarà un deciso trend di crescita a livello globale dell’utilizzo di alluminio, sia primario sia da riciclo e pronostica che “entro il 2030, la domanda globale di alluminio aumenterà di quasi il 40% passando dalle attuali 86,2 Mt a 119,5 Mt. E tale crescita sarà in buona parte trainata dalla transizione ecologica. Ad esempio, nel settore automobilistico e più in generale nei trasporti, l’ormai inarrestabile processo di elettrificazione comporterà un crescente impiego di componenti in alluminio. Di pari passo lo sviluppo del fotovoltaico (i pannelli sono costituiti per l’88% da alluminio) determineràà una domanda di alluminio aggiuntiva pari a circa 10 Milioni di tonnellate annue”.
Ma un incremento a livello globale di alluminio da riciclo è comunque fortemente auspicabile. Anche per motivi ambientali. Si tenga infatti presente che la produzione di alluminio primario ha un importante impatto ambientale. A fronte di emissioni di CO2 pari a 0,5 t per ogni tonnellata di alluminio secondario, la media mondiale della produzione primaria è di circa 17 t di CO2 (ovvero 34 volte quella dell’alluminio secondario).
Italia leader nella produzione di alluminio da riciclo
Il nostro Paese è il primo produttore europeo di alluminio riciclato, sia per quantità di produzione sia in termini di rottame impiegato. Nel 2021 la produzione nazionale di alluminio secondario ha raggiunto i massimi storici, toccando quota 954 mila tonnellate. Ma la strada è ancora migliorabile: incrementando la massa complessiva del materiale raccolto e riducendo le ‘perdite di materiale’. Conti alla mano, lo studio evidenzia infatti che, a fronte di una potenziale presenza di circa 167 mila tonnellate di alluminio nei rifiuti urbani, vi è una ‘perdita’ di alluminio – apparentemente non riciclato o recuperato – di circa 65 mila tonnellate, poco meno del 40% del totale. È soprattutto sul versante ‘rifiuti ingombranti’ che esistono i maggiori spazi di miglioramento. “Basti pensare che dalla gestione dei rifiuti ingombranti, cui affluiscono circa 60 mila tonnellate di alluminio, si recuperano oggi meno di 1.500 tonnellate di alluminio a causa dell’assenza (o della impropria gestione) dei dispositivi di cattura dei metalli non ferrosi.” conclude Duccio Bianchi.
Il contributo dell’industria dell’alluminio alla decarbonizzazione
Per quanto concerne il settore dell’alluminio proveniente da raffinazione, l’Italia primeggia in Europa da oltre 10 anni (escluso il biennio 2017-2018). Ne produciamo ben 717 mila le tonnellate (contro le 473 mila della Germania e le 300 mila della Spagna). Questo il primo dato evidenziato da Roberta Niboli, Past President di Assiral, Associazione Italiana Raffinatori Alluminio. Dal punto di vista dell’ambiente il dato è importante, visto che l’alluminio da riciclo richiede il 95% di energia in meno rispetto all’alluminio primario da bauxite. È quello dei trasporti, il principale settore di destinazione delle leghe di alluminio (70%) seguito dalla meccanica (12%), dall'elettromeccanica (8%) e dall’edilizia (7,5%). Con le ulteriori esigenze di alleggerimento, lo stimolo verso l'elettrificazione e l'aumento della quota di veicoli più grandi e di fascia alta, il contenuto di alluminio nei veicoli aumenterà nei prossimi anni. Così come aumenterà in tanti altri settori. È dunque evidente che il rottame di alluminio rappresenti una fondamentale banca energetica. Occorre limitarne l’esportazione proprio per evitare la perdita di una materia prima che può essere facilmente recuperata e riutilizzata per creare alluminio con un dispendio di energia molto inferiore rispetto alla produzione ex-novo. L’equazione è semplice: se esportiamo rottame perdiamo energia e anche materia prima disponibile per alimentare l’intera filiera manifatturiera europea. “Se il fine del CBAM - Carbon Border Adjustment Mechanism (che prevede una tassa sul carbonio su alcuni prodotti importati) è quello di tutelare l’industria europea, c’è il rischio che l’Europa, avendo una forte dipendenza per l’alluminio primario da bauxite da Paesi extra-Eu, si ritrovi a pagare costi aggiuntivi sull’import di materiale di cui comunque abbiamo bisogno. Sarà importante a livello europeo sia aumentare la percentuale di riciclo sia la possibilità di avere alluminio primario e le altre materie prime accessibili e a costi che permettano di competere a livello globale.” conclude Roberta Niboli.