Carta: crolla la produzione (–5,4%). Per le cartiere italiane è allarme costi delle materie prime
Le cartiere italiane sono penalizzate dalla mancata compensazione della CO2, che ostacola economia circolare e riciclo. La preoccupazione di Assocarta
Prosegue, nei primi mesi del 2019, l’allarme rosso per la produzione della carta. “La produzione di carta nel mese di dicembre 2018 è crollata del 5,4%, dopo un primo tonfo del - 3,2% di novembre. Gennaio e febbraio 2019 sembrano confermare la stessa tendenza” commenta il Presidente di Assocarta Girolamo Marchi. Il settore cartario che a fine anno ha visto cali di produzione, fatturato e ordini, oltre che di fiducia delle imprese, esprime forte preoccupazione per la competitività delle cartiere italiane. “Calano anche le esportazioni, da qualche anno in crescita; ora, su base annua arretrano del 3,3%” aggiunge Marchi.
Il settore cartario ha chiuso il 2018 con una produzione di circa 9,1 milioni di tonnellate (+0,1 2018/2017), quarto produttore a livello continentale, dopo Germania, Svezia e Finlandia, ma anche quarto utilizzatore di carta da riciclare, con un impiego di oltre 5 milioni di tonnellate di fibre secondarie. Il fatturato è valutato in 7,72 miliardi di euro, con un aumento del 4,2% rispetto al 2017 “Un dato che però va considerato con la necessità delle cartiere di recuperare i rincari delle cellulose” precisa Girolamo Marchi.
L’aumento dei costi delle cellulose, a livello internazionale, ha rappresentato una vera e propria emergenza nei conti aziendali. Tra dicembre 2016 e 2018, le quotazioni (in euro) delle cellulose hanno registrato aumenti complessivi del 140% (fibre lunghe) e del 150% (fibre corte).
Invece i prezzi dei prodotti cartari, a seconda della qualità, presentavano incrementi compresi tra un +2% e un +17% a seconda delle diverse tipologie. Un forte incremento di costi deriva anche dai prezzi della CO2, cresciuti di oltre il 250% in un anno.
“La sfida per le aziende della carta non è solo quella della produttività, ma anche quella dell’abbattimento delle emissioni di CO2, come chiesto dall’accordo di Parigi sul clima. Le cartiere italiane hanno colto questa sfida, raggiungendo i livelli di efficienza energetica più alti al mondo, e abbandonando completamente le fonti fossili più inquinanti a vantaggio della migliore fonte di cui disponiamo: il gas naturale. Per il processo cartario, soprattutto nel riciclo, ulteriori margini di miglioramento sono però preclusi, non avendo accesso alle biomasse e trovando mille ostacoli al recupero energetico degli scarti, soluzioni invece disponibili nel resto d’Europa. L’Emissions Trading Scheme sta diventando un costo proibitivo per le cartiere, e l’Italia è ormai l’unico paese europeo che non protegge le proprie imprese dalla delocalizzazione a causa della mancata compensazione dei costi indiretti derivanti dalla CO2. Come invece fanno tutti i Paesi europei, primi fra tutti Germania, Francia e Finlandia” spiega Marchi.
Inoltre, il prezzo del gas, in Italia, continua a scontare un pesante differenziale rispetto al prezzo pagato dai concorrenti europei delle cartiere. Questo differenziale, che si aggira intorno ai 4-5 euro/MWh, è in parte dovuto alla differenza di prezzo della commodity tra il PSV (punto di scambio virtuale) e il TTF (title tranfer facility) e in parte ai maggiori costi accessori caricati sulle bollette del gas rispetto agli altri paesi europei come Germania e Francia. “Con riferimento a quest’ultimo aspetto occorre evidenziare che l’Italia prevede componenti parafiscali per finanziare le fonti rinnovabili anche sulla bolletta del gas (2 euro /MWh circa), corrispettivi non previsti negli altri Paesi europei. Per questa ragione occorre attuare rapidamente la misura già prevista a livello legislativo, che prevede una riduzione del peso di tali oneri per le imprese energivore” conclude Marchi. Materie prime fibrose ed energetiche costituiscono il 70% dei costi di produzione di uno stabilimento cartario, ma possono arrivare fino all’85%.