È piena emergenza acqua in Medio Oriente. Ong e Croce Rossa si mobilitano
La situazione è drammatica in Iraq, Siria e a Gaza. Nelle aree di crisi le popolazioni sono stremate dalle carenza d'acqua in villaggi e campi profughi
La vita delle popolazioni in fuga nelle diverse aree della crisi in Medio Oriente è resa ancora più complessa dalla carenza o dalla completa mancanza d’acqua nelle città, nei villaggi e nei campi profughi e dal conseguenze aggravarsi delle condizioni igienico-sanitarie. Come racconta lo staff di Sos Villaggi dei Bambini ad Aleppo “per la prima volta dal 1776 in città le forniture d’acqua sono state completamente interrotte, una punizione collettiva ancora più dura per comunità già colpite dalle carenze e dai pericoli quotidiani della guerra civile. L' acqua ha smesso di scorrere non solo in aree controllate dal governo, ma praticamente in ogni angolo della città più grande della Siria, che è attualmente divisa in due sfere di controllo. La mancanza di gasolio per le stazioni di pompaggio aggrava una condizione già critica per le carenze d’acqua di questa zona semi desertica. Per questo stiamo approfondendo due pozzi che serviranno a circa 5000 famiglie”. La gestione dei rifornimenti idrici, il controllo delle grandi dighe e, in generale, di una delle risorse più importanti per la vita umana, è l’altra faccia della crisi umanitaria che sta coinvolgendo l’intera area mediorientale. Storicamente l’acqua è stata più volte motivo di attriti tra Iraq, Siria e Turchia: il corso del Tigri e dell’Eufrate, fondamentale per la fertilità della Mesopotamia , è infatti condiviso tra i tre paesi e non è un caso che le dighe di Tabqua e di Mosul siano state obiettivi prioritari dell’ISIS. Dal canto suo il fiume Giordano è uno dei "temi caldi" del conflitto israelo - palestinese.
In occidente probabilmente non abbiamo una visione chiara di cosa significhi vivere con poca acqua. La soglia pro-capite minima stabilita dalle Nazioni Unite è pari a 1000 metri cubi all’anno, ovvero circa 54 litri al giorno. Per i profughi accolti nei campi o in generale per le persone che beneficiano di assistenza umanitaria gli standard internazionali garantiscono dai 7,5 ai 15 litri pro-capite al giorno. Chi non ha accesso all’assistenza ne ha di diritto ancora di meno: per bere, per lavarsi e per cucinare. Malattie ed epidemie sono una delle conseguenze di questo stato di cose, senza considerare quanto l’acqua influisca anche sulle forniture di energia elettrica e quindi sulle possibilità di ripresa economica di un paese.
I Palestinesi hanno a disposizione una quantità di acqua potabile che è tra le più basse del mondo, ben al di sotto della soglia di carenza assoluta. La salvaguardia delle poche risorse diventa quindi un’attività umanitaria essenziale. “A Gaza siamo intervenuti, subito dopo la firma della tregua, per riparare le infrastrutture idriche e abbiamo distribuito voucher per l'acquisto di carburante e per l'utilizzo dei sistemi di depurazione, desalinizzazione e pompaggio dell’acqua sia per famiglie che per scuole, asili e ospedali” - racconta Stefano Gambini, capo progetto GVC (gruppo di volontariato civile) a Gaza. “La fornitura di acqua e il ripristino della rete fognaria distrutta o danneggiata è fondamentale per almeno un milione di abitanti, circa i 2/3 della popolazione della Striscia di Gaza. Come GVC stiamo lavorando affinché 600.000 persone possano avere accesso all’acqua potabile, alla corrente elettrica, al carburante necessari per lo svolgimento quotidiano delle proprie attività”.
Oltre a GVC e a Sos Villaggi dei Bambini, altre ONG di AGIRE stanno realizzando progetti idrici : CESVI assicura acqua potabile ai profughi siriani in Libano, nel distretto di Koura, InterSos nelle aree di Mount Lebanon e Bekaa. COOPI ha impostato nella Striscia di Gaza un programma di intervento che prevede nella prima fase la distribuzione di acqua potabile a 4.500, la riabilitazione di tre pozzi e degli impianti idrici di collegamento alle cisterne di acqua, per consentire l’accesso all’acqua per uso domestico a una popolazione di circa 50 mila persone. Oxfam realizza interventi idrici e di sicurezza alimentare in Siria (Damasco, Homs, Hama, Idlieb e Aleppo), Libano (Tripoli e valle della Beqa), Giordania (Zarqa, Balqa e Amman e nel campo profughi di Zaatari) e Iraq (regione di Erbil). La Croce Rossa Italiana attualmente è impegnata nel rifornimento di cibo e acqua per gli sfollati nel Kurdistan iracheno, nella Regione di Dohuq. In particolare il rifornimento avviene nelle zone di Sumel e Khanke.