Agricoltura in affitto – Il “land grabbing” contagia anche l’est Europa
L’allarme del Coordinamento europeo Cia Campesina: l’alienazione dei terreni agricoli dei contadini a favore delle multinazionali preoccupa soprattutto in Romania e Polonia
Il “land grabbing”, cioè l’alienazione dei terreni agricoli dei contadini a favore delle multinazionali, non è un problema soltanto dei paesi più poveri dell’Asia e dell’Africa. Uno studio del Coordinamento europeo Cia Campesina (Ecvc), diffuso la scorsa settimana, rivela che il fenomeno sta interessando anche paesi come la Romania, l’Ungheria e la Polonia. Lo scrive il notiziario “Vie dell’est”.
In Romania, per esempio, non si tratta di acquisti di terreni ma di affitti di lungo periodo. “I contratti sono opachi, i contadini non ne capiscono i termini – spiega Attila Szocs, agronomo responsabile dell’associazione rumena EcoRuralis. – Il fenomeno è iniziato dopo la rivoluzione che ha rovesciato Nicolae Ceausescu, nei primi anni Novanta, e la terra è ormai diventata inaccessibile ai coltivatori”.
Nel sud del paese sono arrivati soprattutto investitori dai paesi arabi: Qatar, Arabia saudita, ma anche fondi d’investimento libanesi, riferisce Stephanie Roth, coordinatrice della campagna Good good farming. Gli investitori, spiega Roth, “comprano terreni a buon mercato, sui quali producono a costi minori dei prezzi delle materie prime agricole, e in più incassano le sovvenzioni previste dalla Pac, la politica agricola comune”.
Tra gli altri, l’Ungheria sta provando a correre ai ripari. Budapest, tramite moratoria Ue, ha infatti vietato l’acquisto di terreni agricoli da parte di capitali stranieri fino al 2014 per proteggere un “tesoro nazionale dagli speculatori”, come l’ha definito il premier Viktor Orban.