Ecco perché la cattura e lo stoccaggio di CO₂ non servono a produrre più fossili (o almeno non più). Seconda parte
I dati dello Status Report del Global Carbon Capture Storage Institute sono in gran parte dedicati allo stoccaggio geologico; quelli sullo sviluppo nel mondo e le analisi di IEA e Irena
La cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica non servono a produrre combustibili fossili: oggi questa soluzione è largamente disaccoppiata dalla produzione di gas&oil. Lo conferma lo Status Report 2023 di GCCSI (acronimo di Global Carbon Capture Storage Institute), il dossier del think tank leader in ricerca, dati e informazioni sull’argomento. Lo studio riporta che la grande maggioranza dei nuovi progetti di sviluppo, 281 su 351 complessivi, è dedicato allo stoccaggio geologico e non riguarda la produzione di idrocarburi. È vero, tuttavia, che in passato i progetti per fermare le emissioni di biossido di carbonio e catturarle venivano utilizzati principalmente dall'industria petrolifera come mezzo per incrementare la produzione di petrolio attraverso l'iniezione di anidride carbonica nei campi petroliferi (chiamata Enhanced Oil Recovery), ma questa tecnologia è destinata a diventare in futuro trascurabile al crescere dei progetti a fini “ambientali”.
I numeri
Stando al report, la capacità di cattura dei progetti ccs in fase di sviluppo, costruzione o operativi è aumentata del 48% rispetto al rapporto del 2022: è il maggiore aumento annuale dal 2018. La capacità di cattura totale della pipeline di progetti è cresciuta a un tasso di oltre 35% annuo dal 2017.
Anche il numero di impianti in fase di sviluppo è ai massimi storici. A luglio 2023 sono stati realizzati complessivamente nel mondo 392 progetti totali (tra operativi e quelli in via di sviluppo). Nel 2022 sono stati avviati 94 progetti con un aumento del 102% su base annua. Di questi 41 sono autorizzati, di cui 26 in costruzione. Dal rapporto del 2022, sono invece 11 nuove strutture che hanno effettivamente iniziato a funzionare e 15 nuovi progetti hanno iniziato la costruzione. Il documento rileva una rapida escalation nello sviluppo di nuovi progetti, anche se relativamente pochi sono già diventati operativi. La capacità di cattura ha un potenziale complessivo tra tutte le facility di 361 Mtpa (Milioni di tonnellate all’anno), mentre sono 49 MtPA quelli effettivi ad oggi.
I cinque Paesi che hanno evidenziato il più rapido sviluppo sono Stati Uniti, Gran Bretagna (dove il governo ha finanziato i progetti con 20 miliardi di sterline in 20 anni), Canada, Cina (42 miliardi di dollari) e Norvegia. In Europa l’aumento dei progetti è del 63% mentre in America sono 73 le nuove strutture programmate. In Brasile è presente il più grande progetto operativo del mondo, quello di Petrobras Santos Campo che ha una capacità di cattura di 10,6 Mtpa di CO₂.
La decarbonizzazione secondo IEA
Se per alcuni detrattori il ricorso a questa tecnologia è strumentale nel giustificare l'aumento di emissioni nella convinzione di riuscire a catturarle prima della diffusione in atmosfera, stando ai suoi sostenitori, invece, la cattura della CO₂ non punterebbe a fare concorrenza alle rinnovabili, ma ad affiancarle, specie in quei settori meno congeniali a solare ed eolico come l’hard to abate, quei settori industriali cioè che sono particolarmente difficili da decarbonizzare a causa dell'alta intensità di emissioni di gas serra associate alle loro attività. Parliamo di cementifici, acciaierie, industrie della carta, della ceramica, chimica ecc., per le quali la soluzione può essere più efficace ed efficiente poiché è l’unica per le emissioni cosiddette “di processo” ovvero legate non tanto alla produzione di energia quanto alle trasformazioni chimico-fisiche dei processi produttivi. In tutti i maggiori scenari di transizione energetica compatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione, le tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO₂ vengono considerate indispensabili, soprattutto per la decarbonizzazione del comparto industriale. L’importanza della ccs per la transizione energetica è sottolineata dalle principali organizzazioni: l’International Energy Agency (IEA), nel suo scenario “Net Zero Emissions” pubblicato alla fine del 2023 prevede che la completa neutralità carbonica possa essere raggiunta al 2050 solo grazie al contributo determinante della CCS che, per quella data, sarà chiamata a evitare l’emissione di 6,04 miliardi di tonnellate di CO₂ all’anno.
Anche l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) ne prevede circa 7 miliardi e gli scenari del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) compatibili con un riscaldamento globale massimo di 1,5°C in media 7,1. Infine, la Commissione Europea con l’industrial carbon management strategy (2024) ha indicato l’obiettivo della creazione di un mercato europeo per la gestione industriale della CO₂ identificando target di cattura, trasporto e stoccaggio di 50 Mtpa al 2030, di 280 Mtpa al 2040 e di 450 Mtpa al 2050.