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Ecco perché la cattura e lo stoccaggio di CO2 sono utili (e non causano terremoti)

where Milano when Mer, 29/05/2024 who roberto

Le tecnologie CCS servono soprattutto a decarbonizzare l’industria pesante e l'immagazzinamento della CO2 in depositi esauriti sotto terra non genera attività sismica. I dati

La corsa alla decarbonizzazione re-common-cattura-stoccaggio-c02.jpgpassa attraverso la guerra ai suoi principali nemici, anche simbolici, da combattere. Primo fra tutti l’anidride carbonica, elemento essenziale in natura per l’uomo, ma divenuto killer climatico per eccellenza nell’opinione pubblica. Non poteva piacere a tutti, dunque, il tentativo molto pragmatico (e che non fa concorrenza alle fonti rinnovabili di energia) di catturare le CO2 e di sequestrarla sotto terra, nell’obiettivo principale di abbattere le emissioni delle industrie pesanti. Si chiama CCS (o CCUSs), sigla che sta per carbon capture and storage (cui si può aggiungere l’utilization quando i progetti vengono integrati da tecnologie per la trasformazione e il riutilizzo della CO2). Per questo anche la CCS, come accade a tutti gli amici dei nemici giurati, ha alimentato qualche paura e un sospetto sinistro secondo il quale il pompaggio della CO2 all’interno dei giacimenti vuoti possa provocare movimenti sismici, come quelli che si registrano in questi giorni ai Campi Flegrei. Abbiamo cercato di capire qualcosa in  più di questa soluzione e delle eventuali questioni legate alla sicurezza, tra numeri, norme e ricerche.

 
La tecnologia e la storia
La spinta verso la decarbonizzazione dell’industria, e in particolare dei settori hard to abate come quelli di chimica, cemento o acciaio, costringe le aziende a ricercare soluzioni in grado di ridurre o evitare l’immissione in atmosfera di gas climalteranti provenienti dai propri grandi impianti. Tra esse, la carbon capture utilisation and storage, la cattura e sequestro dell'anidride carbonica, un processo costituito da un insieme di tecnologie mature, sicure ed efficaci già disponibili, il cui scopo è quello di evitare l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica. La CO2 viene intercettata prima che raggiunga l’atmosfera e viene immagazzinata in modo permanente e sicuro in siti geologici idonei, quali ad esempio i giacimenti di gas esauriti che per milioni di anni hanno contenuto il gas naturale. I numeri dell’ultimo Status Report del Global CCS Institute, pubblicato a fine 2023, segnalano la presenza di 41 progetti di taglia industriale operativi nel mondo, alcuni risalenti agli anni Settanta del XX secolo. Questi  impianti evitano l’emissione in atmosfera di oltre 49 milioni di tonnellate all’anno di anidride carbonica (mtpa). Il rapporto sottolinea che a livello mondiale ci sono 351 nuovi progetti in varie fasi di sviluppo, registrando un aumentando del 102% rispetto al 2022.  Una storia, quella della CCS, che non è poi così recente: le tecnologie di separazione dei gas sono state sviluppate nella prima metà del XX secolo principalmente per addolcire le componenti acide del gas naturale per poterlo vendere e immettere nelle reti di distribuzione. La tecnologia di base è stata poi applicata in altri ambiti come la produzione di idrogeno, la chimica e la petrolchimica, la produzione di gas tecnici come ossigeno, azoto e, appunto, anidride carbonica. L’applicazione ai fumi di combustione che evita le emissioni in atmosfera è più recente, ma si basa sostanzialmente sugli stessi principi e sulle stesse tecnologie. 
 
Un ruolo complementare
Ma perché investire in una tecnologia come la cattura e il sequestro quando l’alternativa delle rinnovabili è più veloce e immediata? In realtà, a ben vedere, adottare la CCS significa anzitutto dotarsi di una soluzione in più nel mix energetico non essendo in conflitto, con altre leve, come le energie rinnovabili, l'efficientamento energetico e la transizione verso combustibili a un minore impatto carbonico. Il mantenimento di una certa capacità di generazione termoelettrica dotata di CCS è, al contrario, complementare e di supporto allo sviluppo delle rinnovabili e contribuisce allo sviluppo della filiera dell’idrogeno. La decarbonizzazione della generazione elettrica a gas mediante cattura e sequestro risulta infatti importante per garantire la flessibilità dei servizi e la massima integrazione delle energie rinnovabili e non programmabili nel sistema energetico nazionale. Sia l’Ipcc che l’Aie-Iea in diversi documenti riconoscono un ruolo in tal senso, che non è né sostitutivo né alternativo al progressivo aumento della quota rinnovabile nel mix energetico. La CCS, inoltre, è l’unica soluzione di decarbonizzazione per alcuni settori indutriali Hard to Abate (es. cemento, wte, chimica ecc), le cui emissioni di anidride carbonica sono generate direttamente dai processi produttivi oltre che dal consumo energetico.
 
Cattura e sisma
Veniamo alla questione sicurezza. Se è vero che l‘anidride carbonica è un gas normalmente presente in atmosfera, non infiammabile né esplosivo, e quindi presenta un profilo di rischio molto basso,  come tutti i gas tecnici quando viene trasportato in pressione e a elevate concentrazioni è necessario adottare opportune precauzioni simili a quelle che da decenni vengono adottate ad esempio per il trasporto del metano.simili a quelle che da decenni vengono adottate ad esempio per il trasporto del metano. Quanto poi al pericolo di terremoti, l’eventualità di rischio sismico viene prevista dalla normativa italiana, la quale recepisce una direttiva europea, che proibisce la realizzazione di siti di stoccaggio in aree a rischio elevato. La sismicità naturale dei siti che sono candidati ad essere utilizzati come siti di stoccaggio è infatti attentamente analizzata nel processo di selezione dei giacimenti. La normale attività sismica, quindi, non va a compromettere la capacità di contenimento dell’anidride carbonica. Nel caso specifico dei giacimenti esauriti, gli strati di roccia impermeabile che contengono la CO2 hanno svolto la medesima funzione con gli idrocarburi come il gas per decine di milioni di anni, senza che la normale attività sismica ne compromettesse la tenuta. Inoltre, durante tutto il processo di stoccaggio nei giacimenti di gas depletati, la pressione di iniezione viene mantenuta a livelli inferiori rispetto ai valori storici registrati all’inizio delle attività di produzione, in modo da prevenire sollecitazioni meccaniche superiori a quelle naturali.
 
Confermano i geologi
Rossella Capozzi coordinatrice del corso di laurea di Scienze Geologiche all’Università di Bologna rassicura gli scettici: “Lo stoccaggio è studiato da molti anni e non ci sono stati problemi, i monitoraggi effettuati, e quelli sempre più evoluti che la ricerca mette a disposizione, sono in grado di tracciare eventuali spostamenti e fuoriuscite in tempi lunghi. Dal punto di vista tecnologico ci sono sistemi avanzati di controllo sugli impianti e sulle pressioni di esercizio per iniettare la CO2, anche perché sono note le pressioni originarie dei giacimenti e quelle di sfruttamento del gas o dell’olio che sono stati estratti. Nessuno del resto vuole prendersi il rischio di provocare terremoti”. Per quanto riguarda poi la sicurezza del sottosuolo, nell’ambito dei progetti di cattura e stoccaggio assume fondamentale importanza che la formazione geologica utilizzata sia adatta allo scopo e che presenti le necessarie caratteristiche. La selezione di una formazione adeguata è oggetto di una apposita normativa che prevede un processo tecnico accurato ed articolato che comporta numerosi studi specialistici avanzati. Tra questi sono inclusi gli studi geochimici con modelli di trasporto reattivo, finalizzati a riprodurre e prevedere, nel tempo e nello spazio, le potenziali interazioni tra i fluidi iniettati e i minerali che compongono la formazione geologica. Alla base di questi studi e simulazioni, ci sono protocolli sperimentali ed analitici avanzati, eseguiti da laboratori con i reali campioni di roccia dei giacimenti prescelti.  Se è vero che in Italia le regioni a basso rischio sismico sono solo tre (Trentino, Valle d’Aosta e Sardegna) è altrettanto vero che è comunque esclusa, sulla base del principio di precauzione, la possibilità che sia dato il permesso di realizzare siti di questo tipo nelle molte aree “rosse” ad alto rischio. Insomma, nel napoletano, nessuno potrà dare la colpa all’uomo se la terra trema.
 
Le nuove sfide
Ma la cattura e lo stoccaggio di CO2 non può fermarsi alla sola questione sicurezza. La sfida che questa tecnologia di cattura in sicurezza si trova oggi ad affrontare è duplice: da un lato si trova a lavorare sulla selezione delle tecnologie più adatte in funzione delle specificità del singolo impianto industriale e dall’altra deve puntare ad ottimizzare alcuni aspetti del processo che devono essere migliorati, quali ad esempio una maggiore efficienza energetica, una riduzione dei costi e una migliore applicabilità a specifici contesti industriali. Tuttavia le analisi dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), svolte sulla base di svariati scenari all'orizzonte 2050, indicano che le tecnologie CCS possono contribuire all'8,4% delle emissioni cumulative di CO2 2020-2050 a livello mondiale. Queste riduzioni andrebbero ad aggiungersi a quelle ottenute grazie al miglioramento del rendimento e alle energie rinnovabili e sono ad esse sinergiche andando ad intervenire sulle emissioni residue che non possono essere eliminate in altro modo. Basterà a convincere gli scettici?
 
 

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