L’ecologia dei politici. Le audizioni di Bonafede e il magistrato Alfonso
Al centro dei due incontri ci sono i reati ambientali e le norme per reprimerli
La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha audito il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (nella foto). Bonafede ha riferito soprattutto in merito ai risultati del tavolo congiunto istituito tra ministero della Giustizia e ministero dell'Ambiente per valutare le esigenze di modifica della normativa ambientale.
I magistrati che partecipano al tavolo, ha dichiarato Bonafede, "hanno evidenziato che la repressione delle violazioni ambientali risente delle criticità del sistema giudiziario. I tempi e la struttura del processo penale incoraggiano tecniche dilatorie per ottenere la prescrizione. Inoltre, emerge la sostanziale inutilità delle sanzioni amministrative, che in questo settore hanno portato a risultati di poco rilievo, mentre le sanzioni interdittive non possono supplire a tali situazioni, anche perché spesso sono inapplicabili". Gli esperti, ha aggiunto Bonafede, "hanno sottolineato che chi inquina ritiene più vantaggioso affrontare il rischio di vedersi infliggere una sanzione pecuniaria piuttosto che dover sostenere le spese per adeguare l'impianto alla normativa".
Per il ministro, di fronte a illeciti ambientali "è possibile ottenere risultati efficaci incidendo in modo drastico sugli interessi economici dell'impianto inquinante e impedendone in tutto in parte l'utilizzazione, piuttosto che minacciando una sanzione la cui applicazione è eventuale". Allo stesso tempo, ha proseguito Bonafede, "l'intervento del diritto penale ha conseguenze che rappresentano un deterrente ineliminabile, oltre a dare strumenti di indagine e a livello sanzionatorio più forti". In particolare, "gli esperti non condividono le proposte di depenalizzazione dei reati ambientali per violazioni del regime autorizzativo, in quanto sono reati sentinella che tutelano in via anticipata il bene ambiente".
Bonafede ha poi riferito sugli esiti dell'analisi del tavolo congiunto anche rispetto alla legge sugli ecoreati: "I delitti contro l'ambiente si sono rivelati estremamente efficaci e applicati in modo equilibrato. È decisamente sconsigliato, al momento, ogni intervento modificativo, perché interverrebbe in una fase di rodaggio della norma, mentre sono opportuni interventi migliorativi del testo unico ambientale, sia per quanto riguarda la parte sanzionatoria, sia per il meccanismo di estinzione delle contravvenzioni ambientali".
"La Commissione ha già approvato tra i suoi filoni d'inchiesta il monitoraggio dell'applicazione della legge sugli ecoreati, e in questo ambito sicuramente sarà acquisita anche l'analisi degli esperti del tavolo congiunto su cui ha riferito il ministro Bonafede", ha dichiarato il presidente della commissione Ecomafie Stefano Vignaroli. "Il problema di alcuni illeciti contravvenzionali che rappresentano reati sentinella ci sta molto a cuore: sono reati deboli sia dal punto di vista delle prescrizioni, sia da quello delle sanzioni. Per questo considero positiva una revisione delle norme al riguardo", ha concluso Vignaroli.
Il magistrato Alfonso - La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha ascoltato il procuratore generale della Corte d'Appello di Milano Roberto Alfonso.
Alfonso ha tracciato un quadro generale dell'attività inquirente nel distretto di sua competenza sul fenomeno dei roghi: "Al momento si contano 13 procedimenti presso la Dda di Milano, di cui dieci sono ancora nella fase delle indagini preliminari. Per almeno due è in corso la stesura delle richieste di misure cautelari. In tre procedimenti, riguardanti fatti molto gravi, c'è stato rinvio a giudizio, sono già state applicate le misure cautelari. Su 13, dieci riguardano fatti del 2018: significa che il fenomeno diventa sempre più grave, continua e si ripete sempre più spesso. Da qui la necessità di una maggiore attenzione e sempre più costante".
Alfonso ha dato maggiori dettagli rispetto a quanto aveva dichiarato a gennaio in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, quando aveva parlato dell'ipotesi di un'unica regia dei roghi e della presenza in una parte dei roghi di rifiuti provenienti dalla Campania. "Il dato anomalo che ha incuriosito chi sta indagando è l'inversione di tendenza nei flussi. In molti casi la provenienza dei rifiuti è campana: la Dda ha individuato l'imprenditore campano, sa chi è, lo sta seguendo nelle indagini. Così come sa i nomi e i cognomi di alcuni 'ndranghetisti che sono dietro ad alcuni di questi incendi", ha spiegato Alfonso. "Le indagini portano gli inquirenti a dire che a loro giudizio c'è una regia unica, perché probabilmente ci sono stesse società che ricorrono in più parti, o ci sono società nelle cui compagine societarie c'è una stessa persona fisica".
Sul tipo di impianti coinvolti nei roghi, Alfonso ha dichiarato: "In questi procedimenti in alcuni casi le attività svolte non corrispondono a quelle autorizzate, in altri casi l'autorizzazione non c'è proprio. Spesso non sono aziende vere e proprie: si usano capannoni dismessi da tantissimi anni, si riempiono di rifiuti, anche urbani, e poi invece di smaltirli gli si dà fuoco e lo smaltimento è stato più rapido e più conveniente economicamente". Inoltre, "in alcuni siti sono state trovate tracce di incendi già compiuti tempo fa: segno che lì non solo si depositavano rifiuti, ma che ogni tanto si bruciavano".
Il procuratore generale si è anche soffermato sull'importanza di coordinamento delle attività di indagine: "Mezza prova a disposizione di una procura e mezza prova a disposizione di un'altra procura portano a due archiviazioni. Unificando le due metà e giungendo a un elemento di prova arriviamo a due risultati positivi da parte di due procure diverse. Questa è la logica che spinge al coordinamento delle indagini. Ecco perché domani ho organizzato una riunione per redigere un protocollo d'intesa tra tutti i procuratori del distretto di Milano, perché si possano trovare delle indicazioni interpretative comuni, delle linee guida, uno scambio di informazioni e se necessario l'invio di atti di indagine per consentire a tutte le autorità giudiziarie di portare a risultato le loro indagini".
Un coordinamento c'è anche tra la Dda di Milano e quella di Torino: "Ci sono stati incendi in Lombardia e in Piemonte che hanno indotto le due Dda a riunirsi e trovare punti in comune tra le indagini. Si ripetono i nomi delle società, si capisce che il fenomeno ha una regia e che può essere collegato a una serie di aziende interessate allo smaltimento di rifiuti", ha detto Alfonso.
"Analizzeremo il fenomeno degli incendi anche attraverso i dati degli organi inquirenti, compresa la Dda di Milano a cui chiederemo maggiori dettagli. Ci tengo a sottolineare che per il contrasto dei roghi di rifiuti, accanto ai controlli e alla repressione, è anche necessario creare una filiera del recupero di materia attraverso una sinergia tra Governo, Parlamento e imprese. Tra le tipologie di rifiuto che prendono fuoco più di frequente, infatti, ci sono proprio gli scarti plastici che la Cina non vuole più e che qui non trovano ancora un'adeguata filiera industriale di riciclo", ha dichiarato il presidente della commissione Ecomafie Stefano Vignaroli.
Potete rivedere l'intera audizione qui: webtv.camera.it/