Malattia e fame le cause dello spiaggiamento dei sette capodogli a Vasto
Completate le analisi sugli animali morti in settembre
Diverse le cause dello spiaggiamento avvenuto nello scorso settembre per sette capodogli a Vasto, tre dei quali poi morirono: malattia, fame, stress. A queste conclusioni sono giunti gli scienziati guidati da Sandro Mazzariol dell’Università di Padova dopo mesi di analisi sulle carcasse.
I capodogli sono animali molto sociali e seguono sempre il capobranco. Hanno un forte senso dell’orientamento, grazie anche agli stridi che lanciano sott’acqua per individuare con l’eco prede e ostacoli. Si cibano soprattutto degli enormi calamari giganti delle profondità marine, che catturano raggiungendo anche i 2mila metri sotto il livello del mare.
Per loro, l’Adriatico, profondo poche decine di metri (in qualche punto più di 100 metri) e senza uscite, è un cul-de-sac, poiché non vi sono le profondità a cui trovare il loro alimento: fin dal ‘500 sono documentati sulla costa fra Marche e Molise innumerevoli spiaggiamenti. Nel caso dell’autunno scorso, gli animali seguivano la capobranco, una femmina gravida di 40 anni, malata per un insopportabile calcolo renale di grandi dimensioni. Affamati, indeboliti, dopo essere stati avvistati a Trieste si sono adagiati stremati e senza più orientamento sulla spiaggia abruzzese.
"Al momento l'embolia gassosa per esposizione a fonti sonore è stata esclusa", ha detto Mazzariol. Lo scienziato esclude conseguenze di perforazioni (non sono in corso attualmente in Adriatico), ricerche con l’air-gun (erano in corso attività del Cnr), sonar militari in bassa frequenza. "Le ricerche geologiche risultano come le meno probabili tra le cause di disorientamento in quanto non sappiamo con certezza quali siano le lesioni conseguenti a queste emissioni sonore. La cosa più probabile è che l'insufficienza renale sofferta dalla guida del gruppo abbia portato poi portato allo spiaggiamento di massa".