Rifiuti. La Corte Costituzionale denuncia: il ritardo dello Stato ci è costato una supermulta europea
L’Italia era stata condannata dalla Ue per una discarica nel Bolognese, dato che per 7 anni lo Stato si era dimenticato di mandare i documenti a Bruxelles. Ora tocca ai cittadini pagare la negligenza. Leggi la sentenza
La discarica Razzaboni a San Giovanni in Persiceto (Bologna) è stata risanata. Ma lo Stato ha perso sette anni nello spedire alla Commissione europea i documenti che avrebbero testimoniato la bonifica della discarica. Così la Corte di Giustizia dell'Ue, pensando che la discarica fosse ancora contaminata, ha condannato l'Italia al pagamento di penalità. La Corte Costituzionale ha per questo severamente disapprovato la condotta dello Stato nella vicenda. Comportamenti come questi secondo la corte "si risolvono in un danno per la collettività". Leggi in pagina
La reprimenda è contenuta nella sentenza con cui sono stati dichiarati inammissibili i conflitti promossi dalla Regione Emilia Romagna contro lo Stato in relazione alla vicenda della discarica Razzaboni, costata appunto all'Italia una procedura d'infrazione e la successiva condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie. Nonostante l'inammissibilità, però, i giudici costituzionali hanno apertamente stigmatizzato la condotta negligente dello Stato, sintomatica di mancanza di collaborazione istituzionale e fonte di danno per la collettività. "È ineludibile e grave - si legge testualmente nella sentenza - dover constatare che lo Stato, non fornendo la pur possibile dimostrazione richiesta dalla Corte di giustizia, ha provocato il pagamento di penalità che si risolvono in un danno per la collettività".
La Razzaboni era ricompresa tra le numerose discariche per cui l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia Ue a seguito di procedura d'infrazione n. 2003/2077 (sentenza del 26 aprile 2007, causa C-135/05), con la successiva irrogazione di una sanzione pecuniaria forfettaria e ulteriori penalità semestrali (Corte di giustizia, sentenza del 2 dicembre 2014, causa C-196/13). In relazione alla prima penalità, già pagata dallo Stato italiano, è stato imputato a carico della Regione Emilia-Romagna l'importo complessivo di 776.017,00 euro, per non aver ancora completato la bonifica del sito Razzaboni.
Secondo la Corte, dalla ricostruzione della vicenda emerge un evidente "difetto di collaborazione" tra lo Stato, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di San Giovanni in Persiceto, che ha impedito alla Commissione europea di attestare in una data antecedente l'intervenuta regolarizzazione del sito.
Il completamento della bonifica, infatti, sarebbe avvenuto sin dal 2009, ma la documentazione relativa è stata trasmessa dallo Stato alla Commissione europea non prima del 2016.
Di conseguenza, la Corte di giustizia ha condannato l'Italia che "non è stata in grado di dimostrare che l'inadempimento constatato nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) sia effettivamente cessato. Si deve quindi considerare che siffatto inadempimento perdura da oltre sette anni, un periodo di durata notevole" (sentenza 2 dicembre 2014).
Questa ricostruzione dei fatti - al di là dell'esito di inammissibilità dei ricorsi della Regione - ha portato la Corte alla "grave e ineludibile" constatazione che lo Stato, pur potendo dimostrare l'avvenuta bonifica, non ne ha fornito la prova tempestiva alla Corte di giustizia, provocando così il pagamento di penalità che si risolvono in un danno per la collettività.
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