Studio: le città hanno un ruolo chiave nella battaglia contro lo spreco alimentare
Un nuovo studio, realizzato con la collaborazione della Fondazione CMCC, mette in luce il ruolo decisivo delle città nella lotta agli sprechi alimentari. Un metodo specifico valuterà le politiche e le iniziative sullo spreco alimentare urbano applicabile a qualsiasi città
Le città si stanno affermando come attori chiave nella lotta allo spreco alimentare: qui si concentra ormai oltre la metà della popolazione mondiale, dato che i centri urbani occupano oggi circa il 3% della superficie terrestre e che per la prima volta nella storia dell’umanità, la popolazione urbana ha superato quella rurale e vi viene consumato tra il 70% e l’80% delle risorse alimentari prodotte; è sempre qui che si stanno sperimentando tutta una serie di azioni per rendere più sostenibile il sistema alimentare. Dall’esame di 40 città europee in 16 diversi Paesi, uno studio pubblicato di recente sulla rivista Resources - Special issue Food Loss and Waste: The Challenge of a Sustainable Management through a Circular Economy Perspective presenta una nuova metodologia per valutare le politiche e le iniziative delle città per la lotta allo spreco alimentare.
Attraverso un’analisi della letteratura del settore, gli autori dello studio hanno cercato di delineare una mappa di quelle che sono le iniziative a livello urbano per la lotta allo spreco alimentare. Sono inoltre andati a vedere quale fosse la loro relazione con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, evidenziando il ruolo fondamentale che le città possono avere per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Lo studio ha evidenziato la grande molteplicità di politiche e di attori coinvolti nella lotta allo spreco alimentare, uno specchio interessante, più in generale, delle azioni sul sistema alimentare: molte delle politiche implementate sono finalizzate a fornire informazioni corrette ai cittadini e ad accrescere la loro consapevolezza (campagne e azioni di sensibilizzazione), altre sono politiche basate su strumenti del mercato, come ad esempio incentivi fiscali, o politiche regolatorie, che stabiliscono degli obiettivi da raggiungere. Ci sono poi le cosiddette iniziative di nudging, interventi che vogliono andare, in maniera non coercitiva, a influenzare l’adozione di determinati comportamenti ritenuti di valore positivo per la società. L’analisi mette in luce anche come molte città (in Italia, Bari, Bologna, Milano, Torino, Genova, Venezia e Cremona, con iniziative sia pubbliche che private) stiano utilizzando la lotta allo spreco per andare ad alleviare la povertà alimentare e l’esclusione sociale delle fasce più vulnerabili della popolazione, per esempio attraverso sistemi di donazione delle eccedenze di cibo, o la creazione di nuove opportunità di lavoro nell’economia circolare.
Lo spreco, un quadro generale
Lo spreco alimentare è, in effetti, uno dei problemi più urgenti legato alla produzione del cibo: l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) stima che più di un terzo del cibo sia perso o sprecato lungo l’intera catena di produzione del cibo. Se si considerano gli impatti sull’ambiente, lo spreco alimentare rappresenta fino al 10% delle emissioni globali di gas serra, mentre l’impronta idrica annuale della fase agricola dello spreco alimentare è di 250 km3, pari a cinque volte il volume del lago di Garda e più alta di qualsiasi impronta idrica nazionale legata ai consumi alimentari. Il rapporto Speciale dell’IPCC Climate Change and Land (2018) stima che fino al 37% delle emissioni globali totali siano attribuibili al sistema alimentare considerato nel suo complesso, dalla produzione fino al consumo e allo spreco. In Europa, con 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno (pari a 173 kg a testa) si stima inoltre che il 15% degli impatti totali sull’ambiente della catena di produzione del cibo siano attribuibili proprio agli sprechi alimentari.
“La gestione dello spreco alimentare è una sfida complessa”, spiega Marta Antonelli, senior scientist presso la Fondazione CMCC e Direttore Ricerca di Fondazione Barilla, “e le città possono andare a incidere direttamente su tanti settori o elementi del sistema alimentare urbano, che poi determinano le dimensioni della sicurezza alimentare per i cittadini. Come? Attraverso l’azione sui mercati rionali, le mense scolastiche, le mense caritatevoli, gli incentivi per ridurre gli sprechi, etc. La città di Milano, per esempio, ha ridotto la tassa sui rifiuti a chi dimezzava i propri livelli di spreco alimentare, e si è impegnata con tutta una serie di azioni, fra cui questo tipo di incentivi, a dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030.” “La lotta allo spreco alimentare è una di quelle azioni che definiscono un sistema alimentare urbano integrato”, sottolinea Marta Antonelli. “Se andassimo a vedere le azioni che i diversi comuni italiani hanno intrapreso sul sistema alimentare, vedremmo che le azioni sono molteplici; quello che è ancora raro è avere una gestione integrata, cioè che guardi veramente al cibo dal campo alla tavola, fino alla gestione del rifiuto, in maniera integrata, multisettoriale, e di conseguenza anche multi-attoriale. In molte città si assiste adesso alla nascita di nuovi organismi di supporto, i cosiddetti “Food Policy Council”, esperienze partecipative, bottom up e multi-attoriali, che hanno avuto un ruolo importante anche nel creare quelle reti di advocacy che hanno richiesto al sistema istituzionale locale un approccio al cibo diverso, più sostenibile e integrato.”
Lo studio sottolinea l’importanza di fornire alle istituzioni cittadine strumenti efficaci per raccogliere dati sui livelli di spreco alimentare urbano, per valutare anche quantitativamente l’entità del problema e l’efficacia delle politiche messe in atto. Al momento, le lacune in fatto di metriche e dati sono notevoli. “È essenziale infine - conclude Antonelli - che le politiche messe in campo dalle città per la lotta allo spreco alimentare siano in linea con gli obiettivi definiti dall’Agenda 2030. Nel nostro studio, abbiamo visto che i legami con gli obiettivi di sviluppo sostenibile erano molteplici, ma che solo in pochissimi casi (Cremona, Liège, Milano e Montpellier) il riferimento era esplicito e diretto. Raramente le città usano gli obiettivi di sviluppo sostenibile come cornice politica di riferimento, e questo rende difficile una valutazione dell’impatto dei loro interventi sull’agenda della sostenibilità. Le città sono attive in tanti ambiti diversi del sistema alimentare, ma spesso manca una visione integrata, che metta in luce il fatto che se agisco sullo spreco alimentare posso anche indirizzare e intercettare altri obiettivi, come quelli di produzione agricola, attraverso una gestione circolare, o lavorare sull’esclusione socio-economica e sulla povertà alimentare. In questo senso la strategia “Farm to Fork” rappresenta il primo passo a livello europeo e internazionale per mettere sullo stesso piano aspetti del sistema alimentare che finora erano sempre stati trattati separatamente, partendo per esempio dal mettere sullo stesso piano salute umana e sostenibilità.”
L’analisi descritta nello studio potrà essere facilmente replicata e applicata ad altri contesti, anche non europei, e in futuro potrebbe essere utilizzata dalle città di quei Paesi in via di sviluppo che stanno iniziando adesso ad affrontare simili sfide.
Leggi la versione integrale dello studio:
Urban Food Waste: A Framework to Analyse Policies and Initiatives