Greenpeace, Legambiente e WWF dicono sì all’eolico offshore galleggiante nel Mediterraneo
Le associazioni dicono sì all’impianto proposto tra Sicilia e Tunisia, se garantiti rispetto delle procedure di valutazione ambientale e trasparenza per affrontare criticità e minimizzare impatti
Le nuove piattaforme galleggianti ampliano notevolmente le potenzialità di utilizzo dell’energia eolica nei mari italiani, allontanandone tra l’altro di molte miglia dalle coste l’istallazione. ll fatto che le varie localizzazioni, specie se poste sulle traiettorie migratorie internazionali dell’avifauna, vanno valutate sotto il profilo naturalistico con un rigoroso approccio scientifico, non toglie nulla alla potenzialità di questa nuova tecnologia. La precisazione arriva da un comunicato congiunto di Greenpeace, Legambiente e WWF che parla di attacchi strumentali a queste e alle altre energie rinnovabili.
L’attacco all’eolico offshore al largo della Tunisia
L’ultimo esempio di impianto proposto su cui si stanno sollevando pregiudizi e preconcetti prima che ci compiano i necessari approfondimenti e studi ambientali è quello di eolico offshore proposto da Renexia, al largo delle coste tunisine e a ben 60 km da quelle siciliane. Il progetto attuale si caratterizza come il più imponente impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili ad oggi proposto, generando anche perplessità che richiedono valutazioni attente e approfondite. Per la caratura degli investimenti stanziati, per la dimensione e per il respiro complessivo del progetto e per l’importante obiettivo di risultato che potrà contribuire alla mitigazione dell’LCOE (il costo livellato dell’energia) a beneficio delle economie di scala denota rigore e coerenza scientifica, è quindi una proposta che accogliamo favorevolmente.
Garanzia delle rotte migratorie
Nella piena consapevolezza che il progetto insiste in un’area di estrema delicatezza ambientale e di importanza internazionale per la presenza di importanti rotte migratorie, va riconosciuto che questo presenta degli accorgimenti, a partire dal distanziamento tra pala e pala di ben 3,5 km, che contribuiscono a migliorare notevolmente il suo impatto visivo e naturalistico. Gli ambientalisti chiedono inoltre che questo debba anche includere la minimizzazione delle modifiche dell’habitat bentonico in fase di cantiere e di esercizio; il ripristino degli ambienti alterati nel corso dei futuri lavori di costruzione e la restituzione alla destinazione originaria delle aree di cantiere, nonché la possibilità di individuare nell’ampia zona marina coinvolta aree di ripopolamento di flora e fauna. “Ci aspettiamo inoltre che gli studi previsti sulle rotte degli uccelli migratori siano rigorosi, utilizzando sia le esperienze maturate in altri Paesi (sulla minimizzazione degli impatti) sia competenze scientifiche di valore indiscusso. Chiediamo che anche la destinazione dell’intera area ad un parco marino innovativa possa conciliare esigenze di tutela e monitoraggio costante, con quelle di una produzione energetica pulita”.
Percorso trasparente
Greenpeace, Legambiente e WWF chiedono anche una garanzia su questo e su altri futuri impianti eolici offshore proposti, un percorso chiaro e trasparente d’informazione e confronto con le istituzioni nazionali e locali, con gli stakeholder territoriali tra cui operatori turistici e pescatori, in modo da approfondire e affrontare criticità e potenzialità di questi impianti per le economie e i territori coinvolti, e valorizzare il loro contributo come previsto dal PNIEC, perché, siamo convinti, che i temi ambientali posti si possono affrontare e risolvere.