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Cetriolo spaziale. Ecco le biotecnologie avanzate per produrre verdure sulla Luna

where Roma when Mer, 10/07/2024 who roberto

Le attività sono state condotte da Enea nell’ambito del progetto ReBUS, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana

Grazie all’aiuto di batteri e insettiprogettorebus.jpg si possono trasformare i rifiuti prodotti dagli astronauti in fertilizzanti per coltivare microverdure utili come cibo fresco nelle missioni spaziali di lunga durata. È questa l’idea al centro dei sistemi innovativi  realizzati dall’Enea nell’ambito del progetto ReBUS, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), al quale partecipano anche Cnr, Istituto superiore di sanità (Iss), Thales Alenia Space Italia, Kayser Italia, Telespazio e le Università degli Studi di Tor Vergata, Pavia e Federico II di Napoli, quest’ultima nel ruolo di capofila.
 
Il progetto
Si tratta di tecno-ecosistemi spaziali in grado di assicurare il riciclo ottimale di risorse, consentendone una gestione sempre più autonoma rispetto agli approvvigionamenti dalla terra. Questo obiettivo richiede l’applicazione di soluzioni sicure ed efficienti per una bioeconomia circolare spaziale che preveda la produzione di vegetali, fertilizzati utilizzando risorse in situ ottenute attraverso il riciclo dei rifiuti organici. La finalità è garantire la produzione costante di cibo fresco per gli astronauti e allo stesso tempo ridurre i rifiuti e i costi del loro smaltimento.
 
Il ruolo degli organismi degradatori
Oltre all’interazione tra uomo e piante, nei sistemi biorigenerativi è necessario introdurre anche organismi degradatori, in modo da creare un circolo virtuoso in cui ogni componente biologica utilizza come risorsa i prodotti di scarto del metabolismo delle altre. Basandosi su dati Nasa relativi agli scarti prodotti durante le missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale, Enea ha realizzato delle miscele composte da residui alimentari, salviette di cellulosa, parti non edibili della produzione di verdure (come radici, foglie e fusti) e anche urina umana,e le ha sottoposte a processi di bioconversione tramite due categorie di organismi degradatori: batteri che lavorano in condizioni anaerobiche e larve della mosca soldato (Hermetia illucens), una specie di dittero impiegata anche in impianti di compostaggio terrestri. Dopo aver caratterizzato specifici consorzi batterici in grado di digerire l’organico e ridurlo in molecole utilizzabili dalle piante come nutrimento, Enea ha analizzato i prodotti di digestione e li ha testati in esperimenti di coltivazione di microverdure, dimostrandone la potenzialità di impiego come fertilizzante. La stessa miscela di scarti è stata poi usata per mettere a punto metodi di degradazione con larve della mosca soldato, una specie particolarmente adatta alle applicazioni spaziali grazie alla limitata tendenza al volo, all’efficienza e alla rapidità nel processo di bioconversione e alla capacità di degradare matrici eterogenee e complesse. I ricercatori dell’Enea hanno studiato la degradazione in termini di efficienza di processo e di effetti sul ciclo vitale dell’insetto, permettendo di individuare condizioni ottimali di trasformazione degli scarti e di efficacia sulla crescita delle piante.
 
Il commento
“La nuova corsa all’esplorazione dello spazio, intrapresa dalle principali agenzie spaziali internazionali e da società private, si sviluppa attraverso il programma Artemis coordinato dalla Nasa, che prevede la realizzazione di basi sulla luna, il cui rifornimento non potrà essere assicurato costantemente da terra come sulla Stazione Spaziale Internazionale”, spiega Angiola Desiderio del laboratorio biotecnologie Enea. “In questo contesto i rifiuti diventano una risorsa fondamentale da recuperare e riciclare, attraverso la realizzazione di sistemi biorigenerativi di supporto alla vita nello spazio, i cosiddetti blss (bioregenerative life support systems)”.

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