C’è una corrente oceanica vicina al collasso? L’esperta: “Non è un allarme rosso”
Un gruppo di scienziati sostiene che l’Amoc stia rallentando, con conseguenze sul clima. A Utrecht hanno anche immaginato il “day after”. Fa chiarezza Giuliana Panieri, professoressa di Geologia dell’Università di Tromsø
Le correnti oceaniche sono vicine al collasso? A destare qualche preoccupazione fra scienziati e ricercatori sarebbe il funzionamento della cosiddetta Amoc, l’Atlantic meridional overturning circulation, ovvero il “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”, una vasta corrente oceanica. Su questa corrente si concentra il monito di un gruppo di 44 scienziati provenienti da tutto il mondo che, in una lettera di fine ottobre 2024, hanno messo in guardia dalle conseguenze del riscaldamento globale sull’Amoc e, di conseguenza, sul Nord Europa e il resto del mondo. La lettera, dal titolo “Open letter by climate scientists to the Nordic council of ministers” (qui il testo integrale: https://en.vedur.is/media/ads_in_hea...), è partita da Reykjavik, in Islanda, ed è oggetto di un articolo pubblicato sul sito Rsi.ch.
Il ruolo della CO2 e dei ghiacciai disciolti
Ma come funziona l’Amoc e come regola il clima globale? Negli ultimi sessant’anni circa, spiegano i 44 firmatari, si è notato un rallentamento della corrente, testimoniato da misurazioni della temperatura di colonne d’acqua e dalla formazione anomala che in inglese viene definita “cold blob”, letteralmente “macchia fredda”, una zona nell’Atlantico settentrionale dove l’aria invece di riscaldarsi, come il resto del Pianeta, si è raffreddata.
Sono diversi i fattori climatici che hanno causato questo rallentamento. Secondo Giuliana Panieri (nella foto), professoressa di Geologia del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Tromsø, in Norvegia, citata da Rsi, un ruolo importante lo riveste l’enorme quantità di CO2 che viene immessa nell’atmosfera in tempi brevi. Ma anche lo scioglimento dei ghiacciai e l’incremento delle precipitazioni hanno il loro impatto.
“L’Amoc ha un ruolo molto importante nella regolazione del clima”, ha approfondito Panieri. “Trasportando l’acqua calda dalle regioni tropicali fino alle regioni costiere dell’Europa occidentale, fa sì, ad esempio, che in Inghilterra non sia così freddo”. Al contrario, alla stessa latitudine del nord America le temperature sono molto più rigide.
Catastrofe in vista?
Tra i vari impatti che può avere il rallentamento o, addirittura, il blocco dell’Amoc, ci sono il raffreddamento delle temperature nel nord Europa, l’aumento del livello del mare, la riduzione della capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte degli oceani e l’aumento delle piogge nelle zone tropicali.
Sebbene alcuni scienziati ritengano che il rallentamento dell’Amoc non sia già in atto, altri, tra cui i 44 studiosi autori della lettera, lanciano l’allarme sulle possibili conseguenze del fenomeno. Addirittura, alcuni meteorologi affermano che i livelli dell’oceano potrebbero salire fino a 6 metri.
Un altro studio, pubblicato lo scorso anno su Science Advances e firmato dagli scienziati dell’Istituto per la Ricerca marina e atmosferica dell’Università di Utrecht (Olanda), ha evidenziato gli effetti di un possibile evento critico legato all’Amoc, attraverso complessi modelli fisici e matematici. Bisogna infatti considerare che questo tipo di studi si basa sulla statistica: le simulazioni possiedono dei margini di incertezza in quanto non contemplano condizioni sperimentali reali. Le ripercussioni sul clima di un ipotetico collasso dell’Amoc (che, ripetiamo, non è dietro l’angolo) sarebbero disastrose anche secondo il modello di Utrecht: si prevede una rapida diminuzione della temperatura fino a 15 gradi in mezzo secolo nei paesi dell’Europa settentrionale e una riduzione delle precipitazioni nelle medie latitudini.
Panieri: “Niente allarmi, ma serve più responsabilità”
Senza arrivare a tanto, è comunque probabile che l’Amoc si indebolisca entro il 2100, come ipotizzato anche dall’Ipcc, il gruppo intergovernativo di esperti sul riscaldamento climatico.
La professoressa Panieri, però, tranquillizza, precisando che non è un “allarme rosso” quello lanciato dai suoi colleghi, ma di certo un “invito ad essere più responsabili; è adesso il momento di prendere delle decisioni per mitigare i riscaldamenti climatici in atto”.