Osservatorio H2IT: ecco i numeri del comparto dell’idrogeno italiano
Idrogeno, crescono gli investimenti delle aziende, che ora aspettano nuovi strumenti incentivanti dalla politica
La filiera dell’idrogeno svolge un ruolo da protagonista nel percorso per far diventare l’Europa il primo continente a zero emissioni entro il 2050, l’obiettivo della strategia energetica messa a punto dall’UE e supportata in Italia anche dai finanziamenti del PNRR. Ma qual è lo stato dell’arte del settore? Per rispondere a questa domanda, H2IT - Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo, ha presentato a Key Energy l’Osservatorio H2IT: I numeri sul comparto idrogeno italiano.
Un settore in crescita ma poco sviluppato
L’analisi rappresenta un’anteprima dei risultati dell’Osservatorio sulle imprese associate ad H2IT (grandi, medie e piccole imprese, start-up) che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali. Dall’inchiesta condotta nel mese di ottobre dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo emerge la fotografia di un settore in crescita, ma ancora poco sviluppato (l’incidenza dell’idrogeno sul fatturato totale è stata pari in media al 6% nel 2021) ed unico nel panorama manifatturiero nazionale per la forte presenza di alleanze di tipo industriale: per oltre il 70% delle aziende del campione, l’innovazione in ambito idrogeno nasce dalla collaborazione con altre aziende, fattore che lo rende quindi terreno fertile per l’open innovation.
Gli investimenti
Dall’indagine svolta emerge chiaramente il ruolo centrale degli investimenti per le imprese della filiera dell’idrogeno, che si trovano ad affrontare le importanti sfide, tecnologiche e no, poste dalla transizione energetica. In generale, più del 70% delle imprese ha al suo interno un’area R&D dedicata esclusivamente all’idrogeno e il 7% ha comunque intenzione di strutturarsi in tal senso. Andando a vedere le aspettative per fine anno, più della metà degli intervistati (67%) chiuderà il 2022 con un aumento degli investimenti rispetto al 2021. L’innovazione tecnologica dell’idrogeno avviene ancora in modo prevalente con mezzi propri (in media il 67% del totale finanziato). È ancora marginale, invece, il peso dei fondi pubblici, sia europei (13%) che nazionali e regionali (10%), utilizzati maggiormente dalle aziende più piccole che hanno un minore accesso al capitale privato (banche e fondi). Ciononostante, la partecipazione a bandi pubblici è elevata, sia nel caso di bandi europei (60% delle imprese) sia nel caso di bandi nazionali (72%). In termini di fatturato, il 62 % delle aziende si aspetta una crescita a fine 2022 rispetto al 2021.
L’occupazione
Passiamo all’occupazione: nel suo studio “Pianeta Idrogeno” del 2021, l’Enea afferma che il mercato dell’idrogeno solo per l’Italia potrebbe generare da 300 a 500 mila posti di lavoro in più entro il 2050. Un’ottima notizia, che però si scontra con la realtà attuale. Secondo le imprese, il settore dell’idrogeno subisce le difficoltà nel trovare figure specializzate sia a livello tecnico operativo che progettuale: il 66% dei profili ricercati sarebbe di difficile reperimento, con punte del 77 % per i tecnici specializzati. Le imprese hanno, inoltre, una significativa esigenza di inserire project manager, a testimonianza dell’importanza che le attività progettuali e prototipali hanno in questa fase iniziale di sviluppo industriale del settore. Ma quali sono le altre criticità che bloccano lo sviluppo del comparto? Le aziende soffrono soprattutto la mancanza di un quadro normativo chiaro (79%) insieme all’incertezza di una domanda di mercato non ancora definita (69%). Circa la metà teme, inoltre, che la generazione da rinnovabili sarà insufficiente per la produzione dell’idrogeno verde, ed è ancora elevata la quota di aziende (50%) che ritiene troppo elevati i costi delle tecnologie. A questo si aggiunge che gli obiettivi di Repower EU di produzione a livello europeo di 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde nel 2030 vengono ritenuti raggiungibili solo con forti interventi di policy (secondo l’83%). “La sensibilità dei legislatori europei ed italiani e dell’opinione pubblica nei confronti dell’idrogeno non è mai stata così alta - ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. - La crisi energetica sta spingendo i Paesi del Vecchio Continente, Italia compresa, a cercare alternative all’approvvigionamento classico, e si iniziano a vedere i primi risultati. La filiera, costituita sia da realtà affermate che giovani, è molto consapevole: nel nostro mercato si creano sempre nuove collaborazioni e alleanze finalizzate alla creazione di tecnologia e innovazione. Se sostenuto nella maniera adeguata, da qui al 2030 l’idrogeno darà un contributo fondamentale per decarbonizzare molti settori, come i trasporti e quelli hard-to-abate, sui quali si è concentrata la maggior parte dei fondi per l’idrogeno del PNRR”.