Plastica, bastano i microframmenti ad avvelenare gli oceani
A lanciare l'allarme è uno studio coordinato dall'università del North Carolina e pubblicato sulla rivista Science
Non sono solo le isole di plastica a minacciare la salute degli oceani, ma anche i microscopici frammenti di questo materiale, numerosissimi e invisibili, che possono essere ingeriti da pesci, rilasciando sostanze tossiche nel loro organismo e nell'intera catena alimentare. A lanciare l'allarme è uno studio coordinato dall'università del North Carolina e pubblicato sulla rivista Science.
Anche se ridotti a dimensioni millimetriche, inferiori a 5 millimetri, questi microframmenti di plastica sono un pericolo per l'ambiente marino e sono di numerosi tipi.
Sono frammenti di oggetti più grandi, che arrivano da fiumi, maree, venti, eventi catastrofici, carichi persi dalle navi, attrezzi da pesca e acquacoltura, oltre a bende cosmetiche e fibre tessili.
Proprio perché così piccoli, queste microplastiche rappresentano un grande pericolo per i piccoli organismi, che accumulano sostanze chimiche dannose e le rilasciano dopo averle ingerite. Anche gli additivi industriali della plastica possono essere rilasciati nel tratto digestivo di questi animali.
Sebbene si tratti di un problema di piccola scala, può avere un impatto molto più grande in virtù del processo per cui le sostanze chimiche pericolose e gli additivi ingeriti dagli animali più piccoli trovano il modo di arrivare nella catena alimentare in concentrazioni maggiori. Non si sa quanto diffuse e dannose siano queste microplastiche, ma l'ingestione è un dato ben documentato in molti animali, uccelli e mammiferi. Secondo i ricercatori le microplastiche viaggiano in modo imprevedibile, comparendo lontano dalla terraferma o sulla costa, sui ghiacci del mare Artico o nel Mediterraneo.
Rimuovere queste microplastiche dall'oceano non è fattibile, conclude lo studio, ma ridurre il consumo di plastica e riconoscerne il valore come risorsa è un modo per limitarne la diffusione.