Ricerca. La produzione di litio potrebbe far triplicare la CO2
Lo studio di Roskill sottolinea il rischio legato all’estrazione e al trattamento del minerale
La maggiore diffusione delle auto elettriche, e con esse la crescita della produzione di batterie agli ioni di litio, potrebbe comportare a medio termine un peggioramento delle emissioni di CO2. Una ricerca diffusa da Roskill - il colosso dell'analisi e della valutazione del mercato dei minerali - evidenzia infatti che l'aumento della domanda di litio potrebbe far triplicare - con le varie fasi di estrazione, produzione, trasporto e fabbricazione - entro il 2025 le emissioni di CO2 e addirittura farle crescere di un fattore sei entro il 2030.
Come si legge nell'ultimo Sustainability Monitor di Roskill, e nel successivo White Paper, all'origine di questa problematica ci sono aspetti legati all’estrazione e al trattamento del minerale. Esiste infatti un netto contrasto nell'intensità delle emissioni (equivalenti) di CO2 tra le operazioni di estrazione da acque salmastre ad alta concentrazione (salamoia o 'brine') e quelle minerarie con rocce di pirosseno di litio e alluminio.
In media, la produzione di litio da fonti rocciose comporta un rilascio medio di 9 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di carbonato di litio raffinato (LCE) ottenuto, quasi il triplo per tonnellata di LCE ottenuto dal 'brine'. Questo dato, si legge nel rapporto di Roskill, non sorprende, vista la natura più energivora dell'estrazione mineraria insieme a quanto viene prodotto per la spedizione (ad alta intensità di emissioni di CO2) dal sito minerario in Cina agli impianti per la raffinazione. La preoccupante prospettiva di arrivare a 13,5 milioni di tonnellate di CO2 emesse per la sola produzione dell'elemento base delle batterie potrebbe essere allontanata con il progressivo abbandono della estrazione del minerale, a favore dello sfruttamento dei depositi di 'brine'.
Come descritto dallo United States Geological Survey (USGS), i depositi sotterranei di acque salmastre contenenti litio sono abbondanti in natura - principalmente in Cile, Argentina e in Nevada, negli Stati Uniti - e il processo di estrazione è relativamente semplice. La 'salamoia' viene pompata in superficie per essere evaporata in una successione di stagni, per raggiungere una purezza adatta al’elaborazione in un impianto chimico da cui proviene il prodotto finale, il carbonato di litio. Il litio può anche essere estratto dalle argille di litio (hectorite) e dalle salamoie di petrolio (petrolitio). In particolare, quest'ultimo è un nuovo approccio che sfrutta la concentrazione di litio e altri elementi dalle acque reflue (salamoia) che accompagnano la produzione di petrolio e gas. Secondo la canadese MGX Minerals Inc, questa nuova tecnologia potrebbe migliorare e alterare drasticamente il panorama energetico nei prossimi decenni.