Acque reflue, nuovo ricorso alla Corte europea contro l’Italia
Per la mancata esecuzione della sentenza 2012 la Commissione chiede 62,7 milioni
La Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia europea presentando un nuovo ricorso contro l'Italia per la mancata applicazione integrale della sentenza del 2012 della stessa Corte Ue. Le autorità italiane, secondo l'esecutivo europeo, devono ancora “vigilare affinché in 80 località su 109” interessate da quella sentenza “le acque reflue urbane siano raccolte e trattate in modo adeguato, al fine di prevenire gravi rischi per la salute umana e l'ambiente”. In particolare, la Commissione europea chiede di applicare all'Italia “una sanzione forfettaria di 62,69 milioni di euro”, a cui “va aggiunta una multa di circa 347mila euro al giorno”, per ogni giorno di ritardo che l'Italia potrebbe accumulare a partire dalla futura sentenza della Corte di giustizia Ue.
L'Italia ha quindi tempo fino al prossimo pronunciamento dei giudici europei per adeguarsi, evitando così la tagliola delle multe Ue. La Commissione europea giustifica la sua decisione di deferire nuovamente l'Italia alla Corte di giustizia europea poiché "a distanza di quattro anni dalla prima sentenza la questione non è ancora stata affrontata in 80 località, che contano oltre 6 milioni di abitanti.
Le regioni interessate sono Abruzzo (1 località), Calabria (13), Campania (7), Friuli Venezia Giulia (2), Liguria (3 ), Puglia (3) e Sicilia (51). La mancanza di adeguati sistemi di raccolta e trattamento in questi 80 zone - afferma la Commissione Ue - “pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l'ambiente marino”.
Infatti, secondo quanto prevede la direttiva europea (la 271 del 1991), gli Stati membri sono tenuti ad assicurarsi che città, centri urbani e altri insediamenti raccolgano e trattino in modo adeguato le proprie acque reflue urbane. Quelle non trattate possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Contengono tra l'altro - sottolinea Bruxelles - nutrienti come l'azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l'ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita.