Hera, anche Bologna pronta a vendere una piccola partecipazione per fare cassa
L’idea, viste le quotazioni attuali del titolo in borsa, è quella di raccogliere 14 milioni di euro per finanziare progetti in città
Il Comune di Bologna progetta di vendere 7 milioni di azioni Hera, la multiutility che gestisce acqua, gas e elettricità in Emilia-Romagna, Marche e Triveneto. L’idea, viste le quotazioni attuali del titolo in borsa, è quella di raccogliere 14 milioni di euro per fare cassa e finanziare progetti in città. Ne dà notizia l’edizione locale del Corriere della Sera. Se sarà confermata – la delibera di giunta dovrà passare prima dal consiglio comunale – quella bolognese non sarà comunque la prima operazione di questo tipo.
Nel 2010 il Comune di Modena aveva aperto la strada deliberando la vendita graduale di 11 milioni di azioni (del valore di 1,4038 euro per azione). Poi è arrivata Ferrara, dove la giunta Pd ha deciso la vendita di 5 milioni di euro di azioni di Hera spa. Infine la piccola Monzuno, a guida Pdl, che ad aprile 2014 ha annunciato di voler vendere 400mila euro in azioni per reinvestire il ricavato in progetti di risparmio energetico.
Ora potrebbe essere il turno di Bologna, e il Corriere di Bologna che dà la notizia ne è sicuro, visto che parla di “piano di fatto già pronto”. Un sostanziale ripensamento rispetto a quando dichiarato, per esempio, nel settembre 2011, quando alla Festa dell’Unità il sindaco di Bologna escluse categoricamente di voler vendere azioni Hera.
Si tratterebbe comunque di azioni svincolate dal Patto di sindacato dei soci pubblici, che detengono la maggioranza del pacchetto azionario di Hera e controllano così la società. Hera spa è in mano a circa 190 Comuni che complessivamente detengono una quota del 57,6%. A fare la parte del leone c’è il Comune di Bologna, con il 14,5% delle azioni. I soci pubblici sono vincolati fino al 31 dicembre 2014 al mantenimento di una partecipazione al capitale sociale “in misura almeno pari al 51% del capitale stesso”.
L’incognita è cosa succederà nel 2015, visto che Ferrara e Forlì, per ragioni diverse, hanno già annunciato di volersi sfilare dal Patto di sindacato. Per i Comitati referendari “Acqua Bene Comune” si tratta delle prime avvisaglie di una futura privatizzazione dell’azienda. “I Comuni avranno sempre più bisogno di soldi perché i trasferimenti Stato-Enti locali subiranno sempre più tagli - aveva spiegato tempo Andrea Caselli del comitato bolognese -. La loro unica via d’uscita sarà quella di vendere azioni, magari ad altri soci formalmente pubblici come la Cassa depositi e prestiti. Così il controllo sulla carta rimarrà pubblico, ma le collettività locali avranno perso ogni mezzo per influenzare le decisioni aziendali”.